Mourinho: "Sensi, esigo rispetto"

05/05/2010 alle 13:38.

IL MESSAGGERO (D.MAGLIOCCHETTI) - Rotto il silenzio, Josè Mourinho va all’attacco e incendia Inter-Roma. Parole durissime quelle dell’allenatore contestato, nella notte, da un centinaio di tifosi giallorossi che hanno rotto, loro fragorosamente, il silenzio con cori e un petardo esploso davanti all’albergo dei nerazzurri. Mou preso di mira insieme a Balotelli fino a tardissima notte prima che le forze dell’ordine con maniere decise hanno convinto il gruppo ad allontanarsi prima, però, di un ritorno sotto le finestre dell’hotel.

Nel suo mirino molti bersagli, ma soprattutto il presidente della Roma Rosella Sensi che, dopo Lazio-Inter di domenica scorsa, si era sfogata dicendo che al posto dei nerazzurri si «sarebbe vergognata di vincere in quel modo». Mou prima replica che non vuole accennare né a Lazio-Inter né a qualsiasi altra cosa, sottolineando che «siamo qui per parlare di coppa Italia e non di campionato», ma qualche istante dopo parte in quinta. E non si ferma più. Non ci sta, Josè, a quelle accuse così dirette «ai suoi ragazzi» e, invece di abbassare i toni e di mantenere un profilo basso stile Ranieri - come lui stesso aveva fatto intuire all’inizio della conferenza stampa - alza il tiro e innanzitutto la voce: «Io e l’Inter ci dobbiamo vergognare? Posso dire che non siamo nati in una culla d’oro: se siamo qui a giocarci due finali di Coppe e lo scudetto è grazie al nostro lavoro. Per questo non chiedo rispetto: lo esigo e da tutti. Puoi essere presidentessa, dottoressa, nata in una culla d’oro, ma ci devi rispettare. Chi ruba si deve vergognare, noi siamo arrivati fin qui con il sudore, il sacrificio e con il lavoro. C’è la possibilità che l’Inter resti con zero titoli? Si, è la legge del calcio, dov’é il problema? Non sarebbe un dramma e nemmeno una vergogna...».

A proposito: dall’entourage della Sensi hanno fatto sapere che la presidentessa «risponde solo al suo allenatore». Dalla Sensi, Mou passa diretto alla Roma. Prima le fa i complimenti. Alla squadra, si intende: «Da Natale dico che per me è la squadra da temere». E fin qui non fa una piega, ma era solo una caramellina. Mou subito dopo parte con le bastonate: «La Roma ha la fortuna di giocare la finale di coppa Italia in casa, una cosa unica al mondo, perché non conosco altre coppe nazionali che si chiudano in casa di una delle finaliste. Questa partita giocata a , Firenze, sarebbe differente. L’unica cosa che cambia per loro è che andranno in una panchina diversa, ma per il resto giocano nel loro stadio. Non mi sembra corretto, ma non sono nessuno per poter cambiare questa cosa. In Spagna e Germania decidono la sede dopo aver visto le finaliste, in Inghilterra e Francia in uno stadio neutrale. Qui si gioca a Roma. Bene».

Si dimentica, però, che in Inghilterra tutte le finali si giocano a Londra, la à del suo Chelsea vittorioso proprio a Wembley in Fa Cup. La bordata finale sulla Roma è accompagnata da un riferimento di pessimo gusto, con una clamorosa caduta di stile in riferimento alla sindrome coreica, una malattia grave. «In passato ho vinto cinque campionati e vincendo sempre in anticipo. Dicevo, tra me e me, che mi sarebbe piaciuto un giorno giocarmi un titolo fino all’ultima giornata. Quanto mi sbagliavo, che sciocco... Per non parlare, poi, che durante questo campionato i giocatori dell’Inter che sono in altre squadre contro di noi sono sempre i migliori in campo, come Burdisso, Rivas, Meggiorini e Jimenez. E i portieri che giocano contro di noi sono sempre fantastici e unici, come Muslera che in tre partite contro di noi, ad iniziare da Pechino, ha sempre parato tutto e di più. Invece i romanisti che giocano contro la Roma escono all’intervallo (solo Guberti, ndc), e i portieri sembrano colpiti dalla sindrome coreica (il tutto accompagnato da un gesto fuori luogo, ndc) e al primo tiro fanno entrare il pallone».

Terminato l’attacco al mondo giallorosso, Mourinho parla del suo futuro, puntualizzando che non può dire che «resterà al 100%, perché nel calcio non si può mai dire». Sulla finale che si gioca il 5 maggio (data beffarda per gli interisti che nel 2002 persero uno scudetto proprio all’Olimpico), il portoghese risponde: «Conosco il 5 maggio solo per la morte di Napoleone». Almeno quello.