CORSPORT (P. TORRI) - Allimprovviso, Jeremy Menez. Proprio lì, Verona, stadio Bentegodi, il Chievo, dove domani pomeriggio non succede, ma se succede. Era il sei dicembre del duemilaotto. Fin lì il talento del francese era rimasto unipotesi, avvalorata solo o quasi dal contratto di acquisto dal Monaco, dieci milioni e mezzo più premio Champions, clausola di rescissione dopo due anni fissata a venticinque milioni. Fino, appunto, a quel sei dicembre. Unilluminazione. Uomo partita, giocate da alzarsi in piedi e applaudire, gol decisivo, un destro che abbiamo ancora negli occhi, la sensazione
Era il sei dicembre del duemilaotto. Fin lì il talento del francese era rimasto unipotesi, avvalorata solo o quasi dal contratto di acquisto dal Monaco, dieci milioni e mezzo più premio Champions, clausola di rescissione dopo due anni fissata a venticinque milioni. Fino, appunto, a quel sei dicembre. Unilluminazione. Uomo partita, giocate da alzarsi in piedi e applaudire, gol decisivo, un destro che abbiamo ancora negli occhi, la sensazione forte e chiara di un campione, al punto da far ritenere, quel giorno, troppo pessimistico il benvenuto che gli aveva riservato Luciano Spalletti, tra due-tre anni sarà un campione.
Se diventerà, come può, un campione, la data di inizio, almeno nel nostro campionato, non potrà che essere quella, a Verona, stadio Bentegodi, il Chievo, dove domani pomeriggio non succede, ma se succede.
Inter permettendo, Menez anche stavolta può essere il giocatore che spariglia la mano, in quello stadio che lo ha fatto conoscere al nostro calcio, ancora contro quel Chievo che lo ha applaudito nella sua prima visita da romanista. Se, come possibile, Claudio Ranieri ribadirà la scelta di una Roma con tre punte, il francesino andrà in campo dallinizio, trequartista e punta, trequartista e centrocampista, genio e sregolatezza al punto da poter diventare un vantaggio lincoscienza che sembra far parte del dna di questo ragazzo che da qualche tempo a questa parte ha imparato anche a sorridere, perché Roma è capace pure di questo. In ogni caso lo vedremo in campo nel corso dellultima fatica di campionato, pronto a stupire ancora come ha imparato a fare da qualche settimana a questa parte. Tre mesi fa sembrava destinato a fare le valigie a stagione conclusa, ora non cè nessuno che non inserisca il nome di Menez nel futuro prossimo e lontano della Roma che verrà.
Menez è uno dei grandi successi della stagione ranieriana a Trigoria. Ci sono stati momenti difficili, confronti aspri e allapparenza irreversibili tra i due, il rischio che il talento del ragazzo si perdesse dietro a complimenti che poi non avevano il riscontro del campo. Ranieri lo ha rimproverato e applaudito, insultato ed elogiato, sperando che prima o poi scoccasse la scintilla che consentisse al francesino di trasformare in calcio e senso di squadra quel talento che è lì, sotto gli occhi di tutti, non ci vuole mica molto per capirlo. Cè riuscito. Perché gli ultimi mesi di Menez sono stati la riscoperta di un giocatore che è destinato a diventare uno che fa la differenza non una volta, ma sempre o quasi. Domani, a Verona, contro il Chievo, avrà la possibilità di confermarlo, su quel campo dove ha già fatto vedere le sue potenzialità, per alimentare un sogno che non dipende soltanto dalla Roma, non succede, ma se succede. Menez è pronto a mettere la sua firma. Magari con dedica a quel simpaticone del ct francese Domenech che si è ostinato a non volerlo prendere in considerazione. Eppure questo Menez sbocciato dalla cura Ranieri è uno che fa la differenza. Come quel sei dicembre 2008, Verona, stadio Bentegodi, il Chievo.