Menez a Verona. L'amore nacque lì

15/05/2010 alle 14:45.

CORSPORT (P. TORRI) - All’improvviso, Jeremy Me­nez. Proprio lì, Verona, stadio Bente­godi, il Chievo, dove domani pome­riggio non succede, ma se succede. Era il sei dicembre del duemilaotto. Fin lì il talento del francese era ri­masto un’ipotesi, avvalorata solo o quasi dal con­tratto di acqui­sto dal Monaco, dieci milioni e mezzo più pre­mio Cham­pions, clausola di rescissione dopo due anni fissata a venti­cinque milioni. Fino, appunto, a quel sei dicembre. Un’illuminazione. Uo­mo partita, giocate da alzarsi in pie­di e applaudire, gol decisivo, un de­stro che abbiamo ancora negli occhi, la sensazione

Era il sei dicembre del duemilaotto. Fin lì il talento del francese era ri­masto un’ipotesi, avvalorata solo o quasi dal con­tratto di acqui­sto dal Monaco, dieci milioni e mezzo più pre­mio Cham­pions, clausola di rescissione dopo due anni fissata a venti­cinque milioni. Fino, appunto, a quel sei dicembre. Un’illuminazione. Uo­mo partita, giocate da alzarsi in pie­di e applaudire, gol decisivo, un de­stro che abbiamo ancora negli occhi, la sensazione forte e chiara di un campione, al punto da far ritenere, quel giorno, troppo pessimistico il benvenuto che gli aveva riservato Luciano Spalletti, tra due-tre anni sa­rà un campione.

Se diventerà, come può, un campio­ne, la data di inizio, almeno nel no­stro campionato, non potrà che esse­re quella, a Verona, stadio Bentegodi, il Chievo, dove domani pomeriggio non succede, ma se succede.

Inter permettendo, Menez anche stavolta può essere il giocatore che spariglia la mano, in quello stadio che lo ha fat­to conoscere al nostro calcio, ancora contro quel Chievo che lo ha applau­dito nella sua prima visita da romani­sta. Se, come possibile, Claudio Ra­nieri ribadirà la scelta di una Roma con tre punte, il francesino andrà in campo dall’inizio, tre­quartista e punta, tre­quartista e centrocam­pista, genio e sregola­tezza al punto da poter diventare un vantag­gio l’incoscienza che sembra far parte del dna di questo ragazzo che da qualche tempo a questa parte ha imparato anche a sorridere, perché Roma è capace pu­re di questo. In ogni caso lo vedremo in campo nel corso dell’ultima fatica di campionato, pronto a stupire an­cora come ha imparato a fare da qualche settimana a questa parte. Tre mesi fa sembrava destinato a fa­re le valigie a stagione conclusa, ora non c’è nessuno che non inserisca il nome di Menez nel futuro prossimo e lontano della Roma che verrà.

Menez è uno dei grandi successi della stagione ranieriana a Trigoria. Ci sono stati momenti difficili, con­fronti aspri e all’apparenza irreversi­bili tra i due, il rischio che il talento del ragazzo si perdesse dietro a com­plimenti che poi non avevano il ri­scontro del campo. Ranieri lo ha rim­proverato e applaudito, insultato ed elogiato, sperando che prima o poi scoccasse la scintilla che consentisse al francesino di trasformare in calcio e senso di squadra quel talento che è lì, sotto gli occhi di tutti, non ci vuo­le mica molto per capirlo. C’è riuscito. Per­ché gli ultimi mesi di Menez sono stati la ri­scoperta di un giocatore che è destinato a di­ventare uno che fa la differenza non una volta, ma sempre o quasi. Domani, a Verona, contro il Chievo, avrà la possibilità di confermarlo, su quel campo dove ha già fatto vedere le sue potenzialità, per alimentare un sogno che non di­pende soltanto dalla Roma, non suc­cede, ma se succede. Menez è pron­to a mettere la sua firma. Magari con dedica a quel simpaticone del ct fran­cese Domenech che si è ostinato a non volerlo prendere in considera­zione. Eppure questo Menez sboccia­to dalla cura Ranieri è uno che fa la differenza. Come quel sei dicembre 2008, Verona, stadio Bentegodi, il Chievo.