IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - Parlare di Totti, in questi giorni, è diventato sport nazionale. Di lui però si dà una versione parziale e, in molti casi, falsa: il grande talento incapace di resistere alle provocazioni, il giocatore che ormai incide solo come testimonial pubblicitario e chi più ne ha più ne metta. Quasi nessuno però, nei fiumi di inchiostro spesi dal momento del fallo su Balotelli a oggi, ha raccontato laltro Francesco Totti. Quello amato dai bambini di tutto il mondo, lambasciatore Unicef, il giocatore che se, uscendo da Trigoria vede dei tifosi sotto la pioggia, si ferma e fa: «A ragazzi, salite che ve porto a casa».
Tutto questo non si dice, forse, perché il Capitano non lo rende pubblico. Che sia ambasciatore dellorganismo delle Nazioni Unite dedicato allinfanzia è cosa nota. Ricopre «con onore» questo ruolo dal 2003, quando fu investito per «sensibilizzare e coinvolgere i giovani sui problemi dellinfanzia affidandogli un messaggio di speranza per milioni di bambini».
Con la "maglia celeste", Francesco ha realizzato vari spot: da quello contro il razzismo a quello a favore delle vittime del territorio di Haiti. Non solo: tantissime le iniziative di solidarietà a cui ha partecipato, alcune note altre meno. Tra queste, tanto per fare un esempio, cè la visita a Trigoria, almeno una volta a settimana, di bambini con dei problemi che vengono accompagnati dai genitori per passare con Francesco qualche ora. Lui non si tira mai indietro, anzi: è il primo a volere questi incontri, il primo a divertirsi, il primo a beneficiarne.
Per raccontare chi è Totti, poi, basta ricordarsi di quello che successe nel 2003. Era ottobre e lui era ospite di "Buona Domenica". Maurizio Costanzo contava di raccogliere, tra i telespettatori, 60 mila euro per acquistare un macchinario indispensabile per la conservazione delle cellule staminali utilizzabili nei trapianti di midollo osseo. Serviva allospedale Santo Spirito di Pescara. «Lo compro io» disse, colpito dalle lacrime di alcuni bambini malati presenti. Commosse tutti. A rimanere stupito, solo chi non lo conosceva bene.
Già, perché Francesco non stacca solo assegni. Si emoziona appena vede un bambino e per loro dimentica tutto. Ne ha adottati 11 a Nairobi, li difende a spada tratta, come quando prese posizione contro il gruppo nato su Facebook che insultava i piccoli down. A Bergamo, in questa stagione, mentre i grandi lo insultavano i piccoli gli dedicavano uno striscione; a Udine, in Coppa Italia, idem. A Torino un ragazzino di 10 anni, non vedendolo chiese al padre: «Non cè Totti?». Risposta: «Ma che ti importa, cè Del Piero». Il piccolo non rispose, ma quando Francesco entrò in campo si alzò e iniziò a battere le mani. Totti vide, ma non disse nulla. Alla fine, prima di rientrare negli spogliatoi, gli fece un saluto. Cose semplici, ma importanti. Cose da Totti, insomma.