E la partita di Mourinho è tutta un bluff

07/05/2010 alle 11:05.

IL ROMANISTA - Quando entra in campo, un’ora prima dell’inizio della partita, col suo completo scuro senza cravatta per prima cosa guarda la curva Nord. Vuota. Non è sempre domenica, non è sempre domenica sera: i lazinteristi che dopo mesi e mesi avevano provato nuovamente a riempire lo stadio della città che li ospita erano tornati sui rispettivi trespoli. Per la squadra che si

i lazinteristi che dopo mesi e mesi avevano provato nuovamente a riempire lo stadio della à che li ospita erano tornati sui rispettivi trespoli. Per la squadra che si riscalda giusto uno sguardo veloce: non era lì per quello, a dedicarsi agli avversari c’è più gusto. Lo inquadrano sui maxischermi, la Sud fischia e lui, cavaliere senza macchia né paura, si volta, mette le mani in tasca e fissa i sacrileghi, senza mai abbassare lo sguardo.

Una sfida: la culla della passione e dell’amore (e quella sì che è d’oro) contro l’arroganza del potere. I fischi continuano, e lui «se mette a sede». Una resa? Un’attesa semmai. Nel riscaldamento non c’erano abbastanza fotografi e la diretta tv doveva ancora partire. Burdisso fa fallo su Snejider e Mr Special, inizia a saltare, si mette le mani in testa e gli dice di tutto. Sotto lo sguardo del quarto uomo e, ovviamente, a favor di telecamere. Dove? Praticamente sulla linea del fallo laterale. L’area tecnica, questa sconosciuta. Il Bandito gli risponde con uno sguardo che molti romanisti vorrebbero lanciargli. Quando viene annullato un gol a Milito per fuorigioco - evidente - lui si volta verso un monitor, pretendendo di vedere il replay. Il regolamento, questo sconosciuto. L’addetto al monitor – un funzionario della Lega, mica un passante – lo ruota dalla parte opposta, con fare infastidito. La resa dura pochi istanti: Mou allunga la mano, salta, entra quasi in campo, aspetta che venga assegnata la punizione, annuisce con la testa e ritorna verso la sua panchina. Al fischio finale abbraccia i collaboratori, ma almeno ci risparmia la corsa a dito alzato modello (a quello ci pensa Chivu).

Poi va in sala stampa e se la prende con un giornalista di una radio romana. A scatenare la reazione, domande assai terribili tipo: "Che ne pensa dei gestacci di Chivu?". Sguardi sprezzanti: tanti. Risposte: zero. «In Portogallo c’era Dio e poi, subito dopo, io», aveva dichiarato ai tempi del Chelsea. A Roma di mezzo c’è pure il Papa, Napolitano, , Bruno Conti, e pure Falcao, anche se è tornato a vivere in Brasile. E a lui dava fastidio già che gli preferissero Dio, figuriamoci tutti gli altri.