LIBERO (I. ZAZZARONI) - È la prima impressione quella che conta. A freddo, diciamo dalle ventiquattrore passate in poi, a (tentare di) normalizzarele cose intervengono di solito il tifo pro e il tifocontro, le analisi sociologiche del momento storico che stiamo vivendo, la perversione del bastian contrario e altro. A freddo, la potenza delle immagini, del gesto, si riduce in maniera considerevole anche attraverso la ripetizione teleweb dello stesso. Per serietà deve valere la botta emotiva, il momento in cui il calcio a tradimento o la testata al petto vengono sferrati, quando la catena scende di colpo e chi è spettatore
Per tante ragioni vorrei avere la forza di giustificare Totti: anche per la splendida maglia, la nera da trasferta, che ha regalato - non richiesta - sabato scorso subito dopo la partita a un ragazzino di dieci anni che stravede per lui e la Roma. Vorrei riuscirci ma non posso: non devo. Tredici milioni di italiani hanno visto Francesco colpire da dietro volontariamente, per fargli male, Balotelli. Poco meno di un quinto dei suoi connazionali - la metà della popolazione televisiva del mercoledì sera - cè rimasta di sasso, e non era la prima volta.
I precedenti in effetti non mancano. Uno in particolare, e non riguarda direttamente il Pupone. Berlino 2006. Totti come Zidane, la Roma come la sorella del francese, la finale di coppa Italia come la finale del Mondiale, Balotelli come Materazzi, curiosamente lallievo e il suo ex tutor. A differenza di Zizou che ancora oggi, a quattro anni di distanza, non sè scusato con Matrix, Totti, al tredicesimno rosso con la maglia della Roma, si è precipitato sul suo sito per chiarire che gli è dispiaciuto, ribadendo tuttavia che Mario laveva provocato tanto pochi minuti prima quanto alcuni mesi fa a San Siro. E qui casca lasino: interviene una forma di premeditazione.
Proprio nei giorni in cui passa la pubblicità dello smart phone - ne è il protagonista insieme a Ilary - Totti ha fatto qualcosa di poco smart, inducendo milioni di appassionati a porsi la fatidica domanda: e adesso Lippi che fa, lo convoca ugualmente per il Sudafrica? Evito i discorsi relativi alletà (34 anni), allesperienza (un titolo mondiale, scudetti, coppe e altro: come Zidane) e non scendo nemmeno sul terreno delle radici borgatare; trascuro anche sputi, sfottò, schiaffetti a Colonnese, indici e pollici, dico soltanto che stavolta la delusione è più forte del perdono. Che arriverà. Lippi chiamerà Totti, non lo abbandonerà nel momento del bisogno e dellimpopolarità: del resto, lidolo del ct era e resteràsempre Zidane con annessi e connessi.
Attendendo la chiamata, rinnovo - aggiornandola - la domanda più formulata nella capitale da Evangelisti a oggi: A Fra, a che te serve?