Tiribocchi: «Segno all’Inter e aiuto la Roma»

23/04/2010 alle 12:24.

CORSPORT (R. MAIDA) - Dica la verità: come ha vissuto il derby ro­mano? «L’ho seguito alla radio. Quando Vucinic ha segnato il secondo gol mi è scappato un sorriso. Ma non per una questione di tifo. Ser­viva all’Atalanta. La Lazio, più del Bologna, è il nostro avversario nella corsa salvezza». (Spieghiamo: Simone Tiribocchi è di Fiu­micino, dove mare e cielo si toccano in pochi secondi grazie alle ali di un aereo. Romani­sta da sempre, come papà Sergio. Ma mai calciatore della Roma: per uno scherzo dei talent scout, ha giocato nelle giovanili della Lazio. Ora segna per l’Atalanta:



Domani l’Atalanta va a sfidare l’Inter. Lei ha già segnato a Inter, Milan e Roma. Ora che fa?

«Spero di continuare. Sarebbe il massimo un gol a San Siro. Una cosa è certa: andiamo là per vincere, sapendo che è difficilissimo. Abbiamo poche possibilità di rimanere in se­rie A e vogliamo giocarcele tutte».

Se ferma l’Inter, fa un grande favore alla Roma.

«Beh, io vorrei aiutare l’Atalanta. L’anno scorso ho fatto 11 gol, il mio record in A, e so­no andato giù con il Lecce. E’ stata la prima retrocessione della mia vita. Non voglio che si ripeta. Poi è chiaro, sarei contento di aiu­tare la Roma a vincere lo scudetto».

E’ la sua migliore stagione da calciatore?

«Forse sì. Soprattutto se penso a come era partita. Sia con Gregucci, sia con , sia con Mutti sono partito da riserva. La società puntava molto su Acquafresca. Poi sono di­ventato titolare e ho dato una mano. Ma non intendo fermarmi qui».

Una volta Marco Amelia ha detto: “Il mio sogno è indossare la maglia della Roma al­meno un secondo prima di smettere”. An­che per Tiribocchi è così?

«No, non sogno più. Magari prima un pen­sierino lo facevo. Ormai ho 32 anni e sono contento di quello che ho combinato nella mia carriera. Certo, se penso che gente come me, Maccarone, Pellissier non ha mai avuto una chance in una grande squadra, mi pongo qualche domanda».



Si è dato una risposta?


«Ci ho provato. Mi sono messo in discussio­ne. Due spiegazioni plausibili: da una parte è stata colpa mia, dall’altra colpa degli infortu­ni. Fisicamente non sono mai stato bene co­me adesso».

Colpa sua in che senso?

«Nel senso che ho capito tardi, intorno ai 25 anni, che ero davvero un professionista. Pri­ma credevo poco in me stesso e facevo qual­che cavolata».

Tipo quella di lanciare una maglia in ter­ra e insultare i tifosi, stile Balotelli?

«Per carità! Ho già faticato tanto per otte­nere quello che ho. Figurarsi se avessi fatto cose del genere...»



E’ stato il matrimonio con Gloria Zanin, miss Italia ‘92, la sua svolta?

«Sicuramente. Siamo sposati da tre anni, forse dovevamo incontrarci prima... Lei mi ha dato serenità. Conoscendo gli alti e bassi di una vita sotto i riflettori, ha saputo trasmet­termi certezze. Ora stiamo cercando di allar­gare la famiglia. Magari faccio gol anche là».

A proposito di gol, può spiegarci il suo mo­do di esultare? Quel pugno che va su è giù che significa?

«L’ho preparato proprio con Gloria. Sicco­me il mio soprannome è Tir, un po’ perché è il diminutivo di Tiribocchi e un po’ per la mia stazza, il gesto indica il clacson “a corda” dei camion».

Quando ha segnato contro la Roma però ha esultato timidamente...

«Era il gol dell’1-2, tutto qui. Se Julio Ser­gio non mi avesse fermato sul possibile 2­2 sarebbe stato diverso».

E papà Sergio che avrebbe detto?

«Niente. Lui anzi era dispiaciuto perché l’Atalanta aveva perso. Dispiaciuto per me. Le dico questo: quando gioco contro la Roma do sempre qualcosa in più, proprio per non dare adito a pensieri stupidi».

Se retrocede, dove va?

«Resto all’Atalanta. Ho altri due anni di contratto. E cambiare per cambiare, non ha senso. Cosa faccio, vado a lottare per la sal­vezza da un’altra parte? Qui sto anche vicino a casa».

Ma come: lei è romano.

«Sì ma abito a Rosà. E’ il paese di mia mo­glie, in provincia di Vicenza. Il posto ideale per far crescere un bambino. Lì vivrò quan­do non giocherò più. Certo, Roma è sempre Roma. Ma è grande per i miei gusti, meglio la tranquillità. Il futuro comunque è lontano. Ora voglio salvarmi».