
IL ROMANISTA (V.META) - Cè chi era allo stadio e chi invece è rimasto a soffrire a casa. Il derby che hanno vissuto alcuni fra i protagonisti del settore giovanile romanista è fatto di storie diverse. Quelle di chi è abituato a seguire le sorti della Roma dallinterno, eppure in momenti come questo torna a vestire i panni del tifoso
Accanto a lui, la famiglia Rocchi, con la quale ha anche scambiato qualche battuta. Quando Floccari e andato a battere il calcio di rigore che poteva chiudere la partita, Stramaccioni era seduto con i gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani. La parata di Julio Sergio lo ha fatto esultare, ma è stato con la doppietta di Vucinic che il tecnico ha perso tutto il suo aplomb, fino a saltare sul seggiolino urlando il nome del montenegrino. Gli ultimi minuti del match sono stati interminabili. Più volte lo si è visto lanciare occhiate ansiose in direzione del timer accanto alla bandierina del corner. Al fischio finale, la liberazione. Derby casalingo, invece, per Sandro Tovalieri. Il Cobra ha seguito la partita in compagnia di alcuni amici e parenti nella sua Ardea. Da quel grande romanista che è, il tecnico degli Esordienti 97 ha sofferto come non mai nel primo tempo. Sofferenza che nella ripresa si è trasformata in speranza, nonostante la tensione fosse altissima. Alla fine, scene di ordinaria follia, come in ogni salotto romanista.
Particolarmente euforica la figlia sedicenne di Tovalieri, che ha approfittato dellentusiasmo generale per strappare al papà la promessa di portarla a Verona, nel caso la partita con il Chievo dovesse essere decisiva. Al termine della gara, non sono mancati gli sfottò ai laziali, visto che ad Ardea sono un gruppo piuttosto nutrito. Non si è invece mosso dal suo posto in Curva Sud Enrico Citro. Il centrocampista della Primavera da quattro anni a questa parte non si perde una partita. Lui che allandata non aveva potuto essere allo stadio perché impegnato con la Nazionale Under 19, domenica ha sostenuto la sua Roma fino a perdere la voce. Una serata di emozioni forti, ancora di più se vissuta nellatmosfera rovente della curva. La voglia di piangere alla fine del primo tempo, poi la riscossa nella ripresa a partire dal rigore parato da Julio Sergio e la convinzione crescente che sì, limpresa era possibile. Come per tutti i tifosi, anche per Enrico la partita è durata una vita. Quando finalmente è arrivato il triplice fischio dellarbitro, è stato come se fosse finita la guerra. Una felicità immensa, da condividere con gli amici di sempre. Storie diverse, ma tutte con la medesima essenza: sotto la tuta della Roma, il cuore che batte è giallorosso.