Roma è di chi l’ama, per questo può essere solo nostra

18/04/2010 alle 11:52.

IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - PASTORE. E’ il nome del giocatore che ha segnato nella prima partita in serie A della Lazio. Era contro il Bologna, il 6 ottobre 1929. Se Shakespeare si chiedeva cosa fosse un nome, Pastore tre secoli dopo gli ha trovato la risposta: un destino. Niente di originalissimo visto che già lo dicevano i latini (nomen omen) ma questa è la controfirma: un gol segnato 81 anni fa da un giocatore della Lazio come risposta al monologo di Giulietta.

E’ storia nota, è storia: oltre al nome, ne abbiamo i colori e il simbolo, e mai come nel derby più importante di sempre questa cosa è evidente. E’ evidente apposta, è capitato apposta che ci  giochiamo questo 18 aprile (un giorno forse sarà un nuovo primo maggio, un altro venticinque dicembre) col capitano che è romano e romanista, col vice-capitano romano e romanista, con l’allenatore romano e romanista, col presidente romano e romanista. C’è pure un massaggiatore che sta qua da più di  cinquant’anni  che è romano e romanista. Qui sono sempre stati sinonimi. Sono i nomi della rosa.



Dall’altra parte c’è Firmani, che l’anno scorso era il numero 44 di una squadra di Dubai e che a Roma ha giocato con la Lodigiani, quella sì seconda squadra della à visto che era espressione di un quartiere cosa che pure il Chievo a Verona è. La Lazio poi ha un allenatore che non voleva lasciare Spalato perché il cuore goriziano batte per quei posti. Poi è tutto da capire: chi è il capitano? Rocchi? Brocchi? Tare? Capocchiano?

E soprattutto, come ha detto Ilary, Lotito è un calciatore? Di certo nel solco della tradizione bucolica sono  tutti nipotini di Pastore e - sia chiaro - non è una colpa, né un giudizio di merito. La romanità è una categoria, è un

modo di pensare, di vivere, una grande filosofia che può appartenere anche a chi non è romano. Anzi Roma è proprio questo: è di chi l’ama. Apposta è nostra.

Provate a chiedere a qualcosa in questi giorni. Anzi no, non provateci. Lui Roma la respira, se la ingurgida, ci dorme affianco, ci si sveglia, ci va in viaggio. Questa partita per uno come lui vale sempre tutto e oggi che vale di più qual è il totale? Non si può immaginare. Sono i suoi confini. Lui di Roma è il mare. , invece, diRomaèun’altracosa: unmonumento. è il Colosseo, con quell’aria scanzonata di chi ha visto millenni di storie, passeggiate, tradimenti, governi, rivoluzioni, inghippi e notti di coppe e di campioni. Lui l’aspetta con la smorfietta sul labbro questa partita, ma è dentro che se la conserva, che se la tiene, che la fa crescere. ha pianto per la Roma, così come , così come ogni tifoso. Il nonno di Rosella Sensi è stato uno dei fondatori di Campo Testaccio, da quelle parti ci è nato Claudio Ranieri. Sono i nostri punti cardinali oggi, anche se poi l’ago, la bussola, la stella polare da seguire è la . Il cielo si piega sul campo stasera. Quello di Roma è un po’ più bello degli altri.



Lo sa chi è romano e anche solo chi c’ha fatto una passeggiata: Stendhal, Goethe, Prohaska... Roma è di chi l’ama, e un romano non ha altre scelte (la partita di oggi è proprio contro chi ha creduto di farne altre). La loro tradizione pastorizia è appena cronaca, documento, così come il simbolo della Ciociaria sull’edizione Panini

del ’64. Non è quello il punto. Anche perché Losi è di Cremona, ma è più romano di mezza Roma. Maldera, milanese, è venuto a Roma e ha deciso di restarci per sempre, come Delvecchio. C’è pure la tradizione "cisalpina" che va da Candela a Mexes, di una Francia che preferisce Trastevere alla Torre Eiffel. O poeti "veneti" come Zigoni. E poi c’è il più grande romanista di tutti che non può non rientrare in questa nostra tradizione: lui è nato ad Arzignano, in provincia di Vicenza, ma quello che ha fatto per questa à è un atto d’amore infinito. Proprio ieri ha fatto il compleanno e allora è per forza un segno. Nel derby del tridente  abbiamo una protezione in più. Altro che Pastore. Si chiama Paolo Negro.