Quando negli Anni 60 Jonsson correva 100 minuti

14/04/2010 alle 09:32.

IL ROMANISTA (M.IZZI) - Provo in cinquanta righe a centrare due obiettivi, dire la mia sul perché i tifosi della Roma amano i giocatori che fanno della generosità il proprio credo e provare a fornire un’agile antologia degli illustri predecessori di John Arne Riise. Partiamo dunque dalla genesi, i primi gladiatori della Lupa sono stati i tifosi di campo Testaccio. Lo lasciamo dire al laziale Giuseppe Baldo che ha dichiarato: «A quell’epoca i tifosi della Roma erano tipi schietti, venivano sotto casa a cantarci gli inni della Roma: “V’avemo mbriacati cor vino de Frascati”. (…) Ci venivano a prendere addirittura all’uscita dello Stadio Nazionale che era il nostro campo e quando salivano sul pullman ci seguivano fino a Testaccio per prenderci in giro. La verità è che per noi la Roma era un incubo, un’ossessione». Se i tifosi arrivavano sino a bordocampo, pretendevano che sul terreno di gioco il loro impeto fosse assecondato da giocatori della stessa tempra. Tra questi, Attilio Ferraris IV e Tonino Fusco, detto “l’impunito”,

Se i tifosi arrivavano sino a bordocampo, pretendevano che sul terreno di gioco il loro impeto fosse assecondato da giocatori della stessa tempra. Tra questi, Attilio Ferraris IV e Tonino Fusco, detto “l’impunito”, che in una gara contro l’Ambrosiana diede un calcio sullo stomaco a Meazza. Anni dopo ricordando l’episodio aggiungerà semplicemente: “Me sarò sbajato…”. La prima nidiata di gladiatori è tutta romana, quindi uomini come Volk (detto Sciabbolone), Donati (detto Cararmato), Serantoni, e più tardi Venturi e Losi (Er core de Roma), allargano al di fuori delle mura dell’Urbe il marchio dei lottatori romanisti. 

Mancano ancora atleti provenienti, come John dal Nord Europa. Nessun mistero, in fatto di stranieri la Roma ha cercato di puntare su elementi dall’elevato tasso tecnico, che potessero far sognare i tifosi e garantire inventiva ed estro. Nonostante questo, nella stagione 1961/62 approda nella capitale Torbjorn Jonsson. Lo svedese, si allenava per giocare almeno 100 minuti in un moto perpetuo. Con i tifosi fu amore a prima vista, tanto che quando alla fine del 1963 si decise la sua cessione, ci fu una forte contestazione. Tornato all’Olimpico il 5 gennaio del 1964 nelle fine del Mantova, “Mino”, come era stato soprannominato, venne accolto da un’autentica ovazione, durata non secondi, ma minuti.

Se con Jonsson la classe operaia va in paradiso, esistono anche esempi di gladiatori dalle qualità tecniche eccezionali (è chiaro che la china del nostro discorso ci ha portato a non parlare di uomini come Rocca, Nela, … e di tanti altri, tutti italianissimi), come Zibi BoniekRudi Voller. Boniek è nato e si è formato nella à mineraria di Bydgoszcz. Lì, i bacini carboniferi impregnano l’aria dell’odore del carbon fossile e Zibi si forgia in questo contesto, diventando duro come l’acciaio. Quando la Roma riacciufferà la al termine della grande rimonta del 1986, fu l’unico a non battere ciglio: «Rimasi indifferente. Dal mio punto di vista non era la Roma ad aver guadagnato, ma la ad aver perso quei punti». Del tedesco volante, ricorderemo solo una gara, giocata praticamente da solo contro il Milan, il 22 gennaio 1989. Non ricevendo assist dai compagni il gol del momentaneo 1-1 lo segnò sfruttando un colpo di tibia di Rijkaard, botta clamorosa che batte Galli e pugno chiuso verso la Sud. Direbbe Gigi Proietti: "A me me piace".