CORSPORT - A cinque giornate dal termine, dato uno sguardo alla classifica e preso at to dell'atmosfera di euforia che si vi ve sulla sponda romanista, viene spontaneo chiedersi dove si siano am macchiati gli accesi sostenitori del ' partito anti- Rosella'. Non sappiamo, non essendo aruspici, se la Roma vin cerà o meno lo scudetto, ma una cosa è certa: la figlia di Franco Sensi si è battuta virilmente, se è lecito usare questo avverbio, in difesa della Roma voluta, costruita, amata dal padre. Comunque vada, la presidentessa me rita un grande applauso per quanto ha saputo fare nei difficilissimi mo menti dell'emergenza.
Tra aule di tribunale e sfide di campo, è la settimana di Inter- Juve, quello che in altri tempi - e che tempi ! simboleggiava il derby d'Italia e che ora è per prima cosa il derby dei veleni, un figlio spurio prima di Calciopoli/ 1, ora di Calciopoli/ 2, un misero intrigo tra altolocati dirigenti e disinvolti personaggi del mondo arbitrale. Se derby dell'odio fu già definito quello dell'andata, quale meno commendevole etichetta si potrebbe affibbiare a questo in cartellone stasera a San Siro?
Meglio sorvolare. Ma c'è un altro derby, quello romano, che nell'occasione esprime importanza non soltanto locale, ma anche nazionale: si tratta del penultimo ostacolo alto - il prossimo sarà il match all'Olimpico con la Sampdoria di Del Neri e Cassano - che la Roma dovrà superare sulla strada che porta allo scudetto. I trentuno punti che, al di là delle peripezie patìte dalla Lazio, separano la Roma dall'acerrima rivale, la dicono lunga sulla consistenza dei due organici. La Roma è certamente più forte e meglio attrezzata della Lazio, ma spesso un derby si sottrae a ogni logica, perché influenzato da fattori che prescindono dai valori squisitamente tecnici: la ' vis' agonistica e le impennate di orgoglio dei più deboli, come la sicumera o le omissioni dei favoriti contribuiscono a cambiare le carte in tavola e a smentire, fino a esporlo al ridicolo, il più ragionevole dei pronostici. La Roma è arbitra del suo destino, al contrario dell'Inter, alla quale non basterebbe vincere sempre da qui al 16 maggio nel caso in cui la fresca capolista facesse altrettanto. Ma c'è di più: nell'ipotesi di un arrivo in parità, prevarrebbe comunque la Roma, in virtù dei migliori risultati conseguiti contro i nerazzurri. Insomma, se nessuna delle due potrà più sbagliare una mossa, l'Inter sarà tenuta a sbagliare meno della Roma, che è assistita da buona forma e da un'efficienza certificata da ventitré giornate senza sconfitte e da cinque vittorie consecutive. L'Inter è tra due fuochi: campionato e Champions. Stasera la Juve, alla quale i suoi inviperiti tifosi chiedono di sputare fuoco dalle narici, martedì la prima semifinale, a San Siro, con il Barcellona del travolgente Messi, per tacere di Ibrahimovic. C'è un dato abbastanza significativo sul quale Mourinho dovrebbe riflettere: le quattro sconfitte incassate in campionato dalla sua squadra sono maturate tutte alla vigilia di un impegno europeo. Il che vuol dire che, in vista della Coppa, l'Inter perde concentrazione oppure che il turnover delle sue risorse è amministrato in modo approssimativo. Tre partite consecutive in casa la terza è con l'Atalanta - potrebbero consentirle di tenere sempre nel mirino i suoi obiettivi, dopo quello, appena centrato, della finale di Coppa Italia. Auguri. All'andata, il ponte di comando juventino era affidato a Ciro Ferrara: vinsero i bianconeri grazie a un misterioso autogol attribuito a Lucio e a una prodezza di Marchisio, che vanificò il pareggio di Eto'o. Le proteste all'indirizzo dell'arbitro Saccani costarono a Mourinho l'espulsione dopo appena ventuno minuti. Un po' troppo vivace il portoghese, anche quando non ha torto. Stavolta, a guidare la Juve sarà il buon Alberto Zaccheroni che, nel campionato 2003- 2004, mollò alla Juve, da interista di passaggio, una doppia sberla. Sarà in grado, con la sua Juve senza gioco né identità, di fermare l'Inter e di consegnare lo scudetto alla Roma di Ranieri, un anno fa cacciato dalla dirigenza juventina a due tappe dalla fine? Un vero e proprio sfregio che la Juve degli Agnelli e dei Boniperti non avrebbe mai inflitto al più fallimentare dei suoi allenatori.