La mia odissea per un biglietto

14/04/2010 alle 09:45.

IL ROMANISTA (P.FRANCHI) - Questa è una storia di ordinaria ingiustizia. Ordinaria, sì, ma per me e non solo per me particolarmente ingiusta. Perché di mezzo c’è il derby. E che derby. Ieri pomeriggio, Lottomatica o come si chiama di via Sicilia 245. Manca qualche minuto alle quindici, orario fatidico, per gli abbonati romanisti di Tevere e Monte Mario, perché inizia la vendita dei biglietti in prelazione. Io lo comprerò per Giulia mia e per me, Nani Caracciolo per papà Lucio e per sé. I magnifici quattro sono pronti a colpire

Se proprio vogliamo, possiamo andare in Monte Mario. In quattro fanno (farebbero) quattrocentoquaranta euri da regalare a Lotito, ottocentottantamila vecchie lire, in luogo di duecentoventi. E soprattutto a Lucio e a me, che da decenni dell’Olimpico conosciamo ogni postazione, dal più popolare dei popolari alla più esclusiva (si fa per dire) delle tribune, la Monte Mario porta male. Malissimo. All’inizio non so esattamente con chi prendermela, un aiuto me lo dà la gentilissima impiegata. La nuova disposizione, dice, è arrivata da poco, e precisa che gli abbonati della Tevere possono acquistare il biglietto solo per il proprio settore, per la Monte Mario, invece, l’acquisto è, guarda caso, libero anche per loro. E perché il mio settore non va bene? Qui mi soccorre Stefano Bocconetti, vecchio amico e collega dell’Unità e di Liberazione, che ha appena finito vittorioso la sua fila. Perché, mi ricorda, lunedì per i biglietti c’è stata vendita libera, laziali e romanisti hanno comprato quel che c’era da comprare, allo stadio saranno mescolati.

Certo, in serata in prefettura hanno ricordato che da qualche millennio proprio per questo motivo ci sono in Tevere incidenti di varia gravità, e hanno sospeso la vendita libera. Poi devono essersi accorti che non bastava, e hanno adottato questo secondo provvedimento. A che cosa possa servire in termini di ordine pubblico, non è dato sapere. Ma così va il mondo. Non so se la spiegazione di Bocconetti sia precisa al cento per cento, ma nella sostanza penso di sì. Ne traggo due considerazioni, una d’ordine filosofico, una d’ordine pratico. La prima. Chi ha la sventura (o la fortuna, fate voi) di andare allo stadio, e a dispetto dei santi intigna, ha diritti sempre più labili e incerti, e comunque revocabili in ogni momento, senza la necessità di fornire plausibili spiegazioni.

Chi tra questi poi insiste a rispettare leggi, norme e diposizioni, è, come nel caso mio e del professor Caracciolo,  anche un imbecille destinato ad essere nello stesso tempo fregato e spernacchiato: se invece di attenerci a quanto comunicato e di aspettare la vendita in prelazione per gli abbonati avessimo inviato lunedì i nostri figli a comprare il biglietto, non ci sarebbe stato problema. Gradirei in materia una risposta delle superiori autorità, ma so di pretendere troppo. Quanto alla conclusione pratica, è presto detto. No Tevere, no stadio. Niente regali a Lotito, niente vista di tanti laziali assieme, che notoriamente è anche dannosa per la salute. Tutti assieme davanti alla tv, forza Roma, e che anche questo tentativo di rapina, cari cugini, possa andarvi di traverso. Bene così? Diciamo che va bene. Ma non va bene per niente.