IL ROMANISTA (C.ZUCCHELLI) - Dovrete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Ogni maledetta domenica. Gli occhi di Philippe Mexes, quella maledetta domenica che è stata il 25 aprile, non li dimenticherà mai nessun romanista.
Centinaia, migliaia, infinite dimostrazioni: il ragazzo che piangeva sotto la Sud domenica sera, ancora con lo zuccotto di lana in testa «che non levo dalla partita con la Juve a Torino» è tornato a casa, occhi sbarrati e qualcosa da mangiare. Poi, alle 8, in fila alla ricevitoria per andare a prendere il biglietto per Parma. Quellaltro che ha perso ogni speranza, ma scrive sul profilo "Roma ti amo, nella buona e nella cattiva sorte". Un altro ancora che va in edicola per comprare una rivista alla madre, chiede due quotidiani sportivi, poi ci ripensa e poi torna di nuovo indietro «giusto per dare una letta». Gli amici che vanno a cena dopo la partita e dicono in tutto cinque parole. Il cugino del Milan che abita a Padova e chiama il parente romano solo per chiedere «come va?». Il calciatore lontano, ex romanista, che guarda le immagini in tv e scrive a un amico: «Non è possibile». Il collega che invece nella Roma ci gioca ancora torna a casa e piange. Lorgoglio, la fortuna e lonore di essere romanisti sono due bambini che, nel lunedì più triste della loro vita da tifosi, mettono comunque la maglia della Roma. Uno, sotto la metro, indossa quella di Vucinic. Un altro, sul banco di scuola, poggia orgoglioso la sua sciarpa.
Chi va al lavoro è triste, ma lo sguardo non è mai basso. Questo, i tifosi della Roma, lo lasciano ad altri. Fieri, sempre e comunque. Cè lo zio, che consola la nipote dicendo: «Se me so ripreso io da Roma-Liverpool...», cè chi la batosta lha vissuta da lassù e non potrà chiamarti, cè lamico laziale (qualcuno ha anche questa sfortuna...) che capisce che oggi non è giornata. Cè il conduttore tv che racconta di aver passato «la notte a vedere i video su Youtube ascoltando Mai sola mai», cè il giornalista che non ha voglia di scrivere, cè labbonato in Sud convinto «che sto scudetto ce lo portiamo comunque a casa e lanno prossimo ce peserà la maglia con tutte le coccarde», cè il barista dellInter che prova a fare battute ma viene guardato di traverso dai clienti. Cera, ieri, la sensazione di aver perso qualcosa di grande, è vero, in quasi tutti i vicoli di Roma. Forse. Ma cera anche, e soprattutto, la sensazione di non aver smarrito qualcosa che grande lo è ancora di più: lamore per questi colori. Quello, nessuna maledetta domenica lo porterà mai via.