E’ già successo, fu scudetto

18/04/2010 alle 12:55.

IL ROMANISTA (M. IZZI) - LA LAZIO è schiumante di rabbia per il derby perso in maniera rocambolesca all’andata e sogna di fare lo sgambetto ad una Roma in testa alla classifica e in un serratissimo testa a testa con altre due squadre. Non si tratta del punto della situazione di queste ore così emozionanti, ma della cronaca di quanto avvenuto nel maggio del 1942. Il giorno 24 di quel mese, lo Stadio Nazionale ospitava una stracittadina che prometteva scintille. A tre giornate dal termine del campionato la classifica vedeva Torino e Roma appaiate al primo posto a 35 punti inseguite a due lunghezze di distanza dal Venezia dell’immenso Valentino Mazzola



A cose fatte, a rispondere alla ridicola insinuazione pensò, tra gli altri, Gaspare Cataldo de La Gazzetta del Popolo: «La polemichetta della vigilia aveva fatto sorridere tutti quelli che sanno per lunga esperienza, come tra queste due squadre tutto possa accadere, meno che un’intesa in dono altrui. Il gioco ha confermato che la Lazio, come già molti anni addietro a vantaggio della (1931, NdA), è scesa in campo decisa a fare il possibile perché la Roma non vincesse il campionato». Le preoccupazioni romaniste, erano invece tutte concentrate nell’ indisponibilità di alcuni uomini chiave. Fuori ormai da due settimane Naim Krieziu, e Giuseppe Bonomi nella lista degli indisponibili si era aggiunto Renato Cappellini. Schaffer corre ai ripari mettendo in campo De Grassi (al suo debutto stagionale), Jacobini (che fino a venti giorni prima era fuori dalla prima squadra attendendo un probabile trasferimento all’Inter o l’invio in prima linea, visto che vestiva la divisa grigioverde) e il vecchio Borsetti. Nonostante questo il presidente Bazzini rimaneva fiducioso su quello che sarebbe stato l’esito della contesa: «Roma–Lazio – disse - non sarà davvero una partita di nervi, almeno dal canto nostro, ma un semplice impegno di calendario. La consegna per i nostri atleti è ormai una sola: dimostrarsi meritevoli dello scudetto».



Le speranze della Lazio, come al solito, sono riposti nei piedi di Silvio Piola, un autentico fuoriclasse, negli spunti della coppia Puccinelli, Flamini e nella cattiveria agonistica di Ferri. Pochino per far fronte alla Roma, c’è però il fattore delle motivazioni a giocare un ruolo importante. La Lazio, che non ha più nulla da chiedere alla sua classifica, attende da mesi questa gara per poter affermare di aver deciso in senso avverso le sorti giallo-rosse. La Roma, dal canto suo, non è abituata a gestire le tensioni di un duello d’alta classifica come quello che si è delineato. Sia come sia, arriva il momento in cui il verdetto passa al campo. Agli ordini dell’arbitro Barlassina, coadiuvato dai guardalinee Pera e Natalucci, i 28.000 presenti si prepararono ad assistere al derby più importante della storia. Al centro del campo, mentre ancora le due formazioni stanno completando il riscaldamento, Masetti e Piola effettuano il sorteggio. La scelta spetta a Guido Masetti che opta per la porta vicina alla Curva (nell’altra c’era ancora la piscina), per avere subito il sole contro, ed evitarlo nella ripresa, nella delicata fase del tramonto. Tutti attendono l’attacco all’arma bianca della Lazio, ma lo start lanciato è invece di marca romanista. Al 5’ i lupi sono già in vantaggio.



Pantò, liberissimo, raccoglie un calcio d’angolo battuto da Borsetti e deviato da Amadei. La palla arriva a mezza altezza con una discreta velocità. Pantò è abilissimo a smorzare con la coscia la sfera, poi mettere

in rete, alle spalle di Gradella, è un gioco da ragazzi. La Lazio reagisce con veemenza, anche se la sua punta di diamante, Piola, è praticamente annullato da una marcatura asfissiante portata da Brunella e Mornese. Al 27’ Masetti compie un intervento spettacoloso. Pisa batte a rete, ma prima che la palla arrivi in porta, da pochi

metri, Puccinelli devia, costringendo il capitano ad una doppia parata, che come scrisse Cap, sul Popolo di Roma: “ha del miracoloso”. Prima dell’intervallo, c’è ancora il tempo per le proteste del laziale Baldo che reclama la concessione di un calcio di rigore, poi, tutti di corsa negli spogliatoi. In apertura di ripresa la Roma sciupa due enormi occasioni per chiudere il match. La palla buona è ancora una volta sui piedi di Pantò,

servito da Borsetti. L’argentino è solo, ma probabilmente non si rende conto della situazione e appoggia su Amadei che, sorpreso, conclude debolmente su Gradella. All’8’ è De Grassi a fornire a Borsetti una

palla su cui c’è scritto: “Portami dentro”. Borsetti è pronto nello scatto, ma tira con troppo impeto e l’occasione sfuma. Il momento magico è sfumato, all’11’ la palla, schizza come in un flipper all’interno dell’area della Roma per più di un minuto, poi, ad una ventina di minuti dal termine arriva il pareggio di Puccinelli.

Quirinetto, sul Guerin Sportivo scriverà: «La palla si insacca dolce e soave in un angolo alto della rete. Ammappete, che strillo! Ahò non ci incantate. Se volete farci credere che i laziali sono stati, quanti i possessori di queste ugole scatenate, noi non lo beviamo. Qui in mezzo c’è un sacco di gente che gioisce non perché ha segnato la Lazio ma perché ha beccato la Roma. Che straccio di amici abbiamo in giro». La gara finirà in pareggio, mentre il Torino, vittorioso,  prenderà per un punto la testa della classifica. I giocatori della Roma uscirono dal campo tranquilli, mescolati ai giocatori laziali, dopo 7 giorni la Roma sarà nuovamente in testa e vincerà lo scudetto con tre punti di vantaggio sul Torino secondo.