Da Mantova al 5 maggio, il "miracolo" è regola

27/04/2010 alle 10:26.

IL ROMANISTA (M.MACEDONIO) - A furia di ripetere “non succede, ma se succede...”, eccoci qua, col risultato – almeno per il momento – che probabilmente non succede per davvero. O magari, invece sì. «L’esperienza – sosteneva Ranieri in sala stampa – mi insegna che nel calcio nulla è impossibile». La storia è lì a testimoniarlo.

Era la stagione ‘66/67, quando l’Inter di Helenio Herrera e dell’allora presidente Angelo Moratti perse, in meno di due settimane (dal 25 maggio al 6 giugno), Coppa dei Campioni, Campionato e Coppa Italia. Clamoroso fu soprattutto il mancato scudetto, all’ultima giornata. Che si giocò di giovedì, 1° giugno, per via degli impegni internazionali. Tutti in campo, ovviamente, alla stessa ora. Con l’Inter in testa, a 48 punti, attesa ad una facile trasferta a Mantova, e la di Heriberto Herrera (nessuna parentela), a quota 47, impegnata in casa contro una Lazio in lotta per non retrocedere (!). La formazione dell’Inter, quella che intere generazioni hanno mandato a memoria: Sarti; Burgnich, Facchetti: Bedin, Guarneri, Picchi; Domenghini, Mazzola, Cappellini, Suarez, Corso. Il primo tempo finisce 0-0 a Mantova, e 0-0 è anche a Torino. All’inizio della ripresa quel che non ti aspetti. Il mantovano Di Giacomo, un ex dell’Inter, effettua un cross innocuo al centro. Giuliano Sarti, solo in area, si fa sfuggire la palla, che finisce in rete. Una papera di quelle colossali e certamente non da lui . L’Inter preme, ma il risultato non cambia. E la , che nel frattempo si è portata sul 2-0, si aggiudica il titolo. Per la cronaca, Sarti, quell’estate, passò dall’Inter alla
 
Lo scorrere del tempo ci porta alla prima delle due “fatal Verona” per i tifosi rossoneri. Stagione ‘72/73, col Milan reduce dalla conquista della Coppa delle Coppe, e di scena, il 20 maggio, al Bentegodi per l’ultima di campionato. Ha un punto di vantaggio su e Lazio, la squadra di Rocco, e quella contro la tranquilla formazione gialloblù sembra solo una formalità. Lo stadio è stracolmo di tifosi giunti da Milano per festeggiare ma, nel giro di appena 23’, i rossoneri sono già sotto 3-0. Ogni tiro un gol. Quando, all’inizio del secondo tempo, le radioline comunicano che la gara è sul 3-1, si fa fatica a crederci. A Roma, dove la è in svantaggio contro i giallorossi (gol di Spadoni), la reazione dei bianconeri è immediata: al 6’ il pareggio di Altafini, mentre a Verona si consuma il dramma milanista. Arrivano il quarto e il quinto gol gialloblù. E quando al 90’ Bigon sigla il definitivo 5-3, la ha appena segnato con Cuccureddu il gol che vale lo scudetto. La Lazio, sconfitta a , è terza.
 
Il terzo episodio fa male. Penultima giornata del campionato ‘85/86. E’ il 20 aprile e all’Olimpico si gioca Roma- Lecce. Coi pugliesi già aritmeticamente in B, e i giallorossi in testa con 41 punti, appaiati alla ma dopo una fantastica rimonta da -8. Per la squadra di Eriksson l’impegno con i salentini e poi la trasferta a Como, mentre i bianconeri se la dovranno vedere prima con il Milan e poi con la . Una giornata maledetta: con i festeggiamenti già in atto prima della partita, e il mai tanto vituperato giro di campo dell’allora sindaco Signorello, a braccetto con Dino Viola. Senza contare le maglie, le sciarpe e gli striscioni con su scritto “Roma, campione d’Italia ‘85/86”. La partita: il vantaggio di Graziani, che illude più di uno. E la rete di Pruzzo, a pochi minuti dal termine, che purtroppo non basterà. Ed è dura risvegliarsi dopo i gol di Pasculli e Barbas e il risultato sul 2-3. Si è parlato a lungo di toto nero e scommesse clandestine, ma è difficile credere che un’occasione come quella potesse essere barattata dai giocatori per qualche spicciolo... 
 
La quarta partita “folle” è di nuovo una “fatal Verona” per i colori rossoneri. E’ l’anno dei Mondiali di Italia ’90. Alla penultima giornata, il 22 aprile, il Milan va a far visita ai gialloblù, mentre il , a pari punti, è in trasferta a . Successo facile (2-4), quello dei campani, mentre al Bentegodi va in scena l’incubo-bis. Rossoneri in vantaggio con Simone, ma partita che prende un’altra piega anche per le decisioni dell’arbitro, Rosario Lo Bello, che espelle tecnico e tre giocatori milanisti. Ridotta in 8, la squadra di Sacchi soccombe per 2-1. La settimana successiva, il batte la Lazio (1-0) e vince lo scudetto. La quinta sfida è molto più recente.
 
Siamo all’ormai famoso 5 maggio del 2002, quando i nerazzurri scendono all’Olimpico per centrare l’obiettivo che sfugge loro da 13 anni. La classifica recita: Inter 69, 68, Roma 67. Il tifo laziale, ovviamente, è tutto per la squadra...di Hector Cuper. Ci penserà Poborsky a ristabilire un po’ di correttezza e lealtà in campo, anche a dispetto degli spalti. I gol del ceco, ma anche quelli di Simeone e Inzaghi, provocano le lacrime di Ronaldo, in panchina, mentre il raddoppio dei bianconeri al Friuli regala loro lo scudetto, e la rete di Cassano a Torino contro i granata consente alla Roma di agguantare il secondo posto.