IL ROMANISTA (M. FUCCILLO) - HA VINTO il coraggio di Ranieri, coraggio freddo, gelido e duro come lacciaio. Ce ne voleva di coraggio per togliere dal campo Totti e De Rossi. Era, sembrava un sacrilegio. Ma non è stata una profanazione, è stato invece un rito di iniziazione. E stata la mistica comunione di un adulto pensare il calcio con una squadra matura per reggere, capire, assorbire e premiare il coraggio di chi la guida.
ue bandiere in campo che non riescono a dispiegarsi. Sembrava la dannata, maledetta pagina già scritta. E il timbro, latto ufficiale della storia triste cui non ti puoi opporre sembrava arrivare che il secondo tempo non aveva compiuto neanche due minuti: rigore per loro, fine per noi. E invece no, è tutto un altro libro. Sotto di me allo stadio cè un signore pelato che si alza in piedi con noi romanisti ad ogni azione di attacco, partecipa e solidarizza dando la mano a chi gli è vicino. Non dice una parola ma non è che ha perso il fiato, è russo e solo russo parla. Lo saprò dopo a partita finita mentre insieme celebriamo il trionfo: è un russo romanista. Succedono cose al sapore di irrealtà stasera allo stadio. La squadra esce di nuovo a cercare e a concedere labbraccio ai tifosi, la festa è tanta che letteralmente non stanno negli spogliatoi. Succede che siamo andati allinferno e ne siamo tornati. Succede che non abbiamo più paura di dire la parola che sembrava impossibile. Succede che lo spettacolo della rabbia laziale è in fondo contorno minimo. De minimis non curat ». Abbiamo altro di cui occuparci: «Se salutamo qui, non se vedemo più . Guardo questo stadio e so che è vero, tutto vero quel che non mi sembra vero. Guardo il seggiolino e lo accarezzo con lo sguardo, gli sto dando appuntamento a domenica, alla prossima contro la Sampdoria. Siamo in viaggio, in viaggio vero verso la madre di tutte le rivincite.




