LA STAMPA - La storia del campionato è cambiata a 25" dalla fine del quinto minuto supplementare quando la botta di Milito si è schiantata sul palo salvando la vittoria della Roma, lincertezza del torneo e la salute di sessantamila romanisti che avrebbero tentato il suicidio di massa allOlimpico: a due anni dallultimo duello per lo scudetto contro lInter non avrebbero sopportato unaltra gioia scippata. Adesso per Mourinho, che con il Bologna perderà Lucio, Maicon, Zanetti e Etoo per squalifica, si fa veramente dura.
La Roma anche senza Totti, entrato negli spiccioli, ha tuttaltra sostanza e freschezza del Milan che la settimana scorsa fallì il sorpasso e che oggi può appaiare i giallorossi a un punto dagli interisti. I cani da caccia sono diventati due e uno ha dimostrato di mordere. Nel 2-1 della Roma entra un po di sfortuna dellInter per i tre pali che ha colpito ma la capacità degli uomini di Ranieri di gestire il primo tempo lasciando ai nerazzurri solo gli ultimi minuti e soprattutto la dote di reagire al pareggio per rilanciarsi in attacco ci ha colpito: serviva una grande convinzione nei propri mezzi per non lasciarsi andare allautocommiserazione e non accettare l1-1 magari per lamentarsene nel dopopartita visto che lazione del pareggio di Milito era stata ampiamente inquinata dal fuorigioco di Pandev.
La rimonta della Roma è il capolavoro del gestore Ranieri, che contestammo negli anni juventini perché non faceva crescere la squadra ma qui, dove ha ereditato un gruppo formato negli anni di Spalletti, ha trovato lambiente ideale: non ha apportato grandi cambiamenti, non ha toccato gli equilibri consolidati, ha scovato in Julio Sergio un portiere affidabile lasciato nella naftalina, ha ottenuto lacquisto di Toni a gennaio e ne ha fatto larma che la Roma non aveva. Toni ieri ha segnato la rete decisiva ma è la punta visibile di un lavoro grandioso come nel Palermo: lo pensammo bollito vedendone le prestazioni in Nazionale, ora invece tornerà utile a Lippi.
Tutto questo, ovviamente, non sarebbe bastato a riempire la voragine di punti e di ambizioni che separava i giallorossi dallInter senza che lInter non si accartocciasse allimprovviso, come si è visto ieri, se non in qualche sprazzo di antica qualità. Gli episodi non lhanno favorita, latteggiamento lha condannata. Nel primo tempo è stata sopraffatta a partire dal centrocampo dove Pizarro triplicava la propria statura, risultando il migliore in campo: questo cileno che i grandi club snobbarono oggi farebbe la fortuna di chiunque cerchi un faro più che un regista. De Rossi, al suo fianco, giocava con il sangue agli occhi.
Due anni fa, negli spogliatoi di Catania, aveva urlato che non avrebbe mai conquistato uno scudetto perché alla Roma non lavrebbero lasciato vincere: ieri giocava per smentire se stesso. La foga lavrebbe portato a qualche errore di misura fino alluscita con un ginocchio malconcio tuttavia il gol del vantaggio giallorosso era frutto della sua tigna nel cercarlo. Testa di Burdisso, errore di Julio Cesar che non bloccava la palla ma la sbatteva su Samuel, piedone di De Rossi. La Roma colta da raptus le tentava tutte, soprattutto con una punizione folgorante di Riise e una di Vucinic parata.
In un match nervoso e di continui battibecchi (11 gli ammoniti da Morganti, caduto in alcuni sbagli decisivi) lInter non aveva idee. Il centrocampo pativa, lattacco non aveva rifornimenti e solo Milito pareva sbattersi. La traversa colpita di testa da Samuel era il fiore nel deserto che nella ripresa diventava una piccola oasi forse perché si svegliava Sneijder. Era lunico momento in cui la Roma subiva il fascino degli avversari: il gol di Milito era irregolare però chiudeva una fase di supremazia nerazzurra con Ranieri che tardava ad apportare cambiamenti.
Quando Mourinho pensava che il più fosse fatto, la Roma piazzava laltra botta. Il tiro sbagliato di Taddei si trasformava in assist, Toni era libero in area per sfruttarlo con un tiro basso. Ranieri si è preso comunque la rivincita. Aver messo Mourinho alle corde, con lincubo di perdere lo scudetto che lInter vince da tre anni (più quello a tavolino) è la soddisfazione «del settantenne che non parla inglese».