IL ROMANISTA (F. OLIVO) - Al bar di via Plinio hanno molti dubbi. Allombra del Pirellone (non è una stanca figura retorica è che il grattacielo davanti alla stazione sorge a un chilometro da qui) i milanisti si preparano a modo loro al match dellOlimpico. Siamo entrati per un caffè, senza nessun intento giornalistico e ci siamo trovati nel pieno di un acceso dibattito tra rossoneri: «Dai che sabato andiamo a riprendere lInter», spara prima ancora di salutare un avventore ben vestito. Lentusiasmo è smorzato da Alfio il barista meridionale, ma di chiarissima fede milanista (esibisce gagliardetti e foto di chiunque abbia vestito la maglia, ne ha persino una di Papin): «Ma quale scudetto? Se domenica sera saremo sempre a meno quattro è un miracolo».
Cè la Roma da affrontare, ma le chiacchiere si soffermano sui muscoli lesionati di Pato, sul futuro di Gattuso, su Leonardo e la fidanzata e su qualche immancabile amante di Berlusconi. Solo dopo qualche provocazione del cliente giallorosso in incognito, il discorso da bar sfiora la Magica.
«Chi marca il Totti? Il Nesta?» chiede un vecchietto sprovveduto. «Ma non gioca da tre mesi!», lo zittisce un ragazzo, finora in disparte che poi azzarda un pronostico: «Se gioca Toni il Milan perde», e conclude con una confessione: «Tifo per voi sabato». «E gli altri giorni?» gli chiediamo. «Interista. Chiaro». Ecco, nel bar di via Plinio si consuma una situazione che i romanisti allestero conoscono bene: la Magica raccoglie simpatie
strumentali, soltanto, cioè, quando un nostro successo può dar fastidio a qualche altro nemico. Male, ma minore.
Odiati, ma non come i veri avversari. Buoni solo per togliere punti agli altri. Raccogliere questi consensi, pronunciati sempre con insopportabile aria paternalista, è frustrante. La viscerale avversità emerge solo quando li insidi e, sgomitando, ti vuoi inserire in una logica che non ti comprende. Allora lì esce tutta la diffidenza e il fastidio che gli provochiamo, tollerati se inferiori, ma quando alzi la testa (e li batti), ecco che spunta la consueta arroganza dei potenti. Siamo troppo diversi per essere parte del loro club esclusivo, diversi proprio antropologicamente, quasi esteticamente, non ci capiranno mai. E meno male. Se servisse un altro buon motivo per vincere dopodomani eccolo qui: sconfiggere Galliani e soci per noi immigrati romanisti significa poter bere un caffè senza pacche sulle spalle, ma con lo sguardo del più forte. Tenga il resto, sono della Roma.




