Riecco Amantino all’Olimpico. Un tempo batteva i rossoneri

04/03/2010 alle 09:04.

IL ROMANISTA (F. BOVAIO) - Estate 2008. Il divorzio tra la Roma e Mancini è nell’aria già da molto tempo e si concretizza con il suo passaggio all’Inter, dove arriva con la speranza di mettersi definitivamente alle spalle le delusioni dell’ultima annata, chiusa con il triste primato del più sostituito da Spalletti. Cambi che avvengono quasi sempre a metà ripresa e che il brasiliano non riesce proprio a digerire, tanto che ogni volta che esce dal campo fa certe facce che sono tutto in programma. A Roma l’uomo del doppio passo di Lione e del gol di tacco nel derby non è più felice e a Milano sogna di trovare gloria e onori, oltre che un ingaggio da paura, sicuramente superiore a quello che può garantirgli la società giallorossa.

concretizza con il suo passaggio all’Inter, dove arriva con la speranza di mettersi definitivamente alle spalle le delusioni dell’ultima annata, chiusa con il triste primato del più sostituito da Spalletti. Cambi che avvengono quasi sempre a metà ripresa e che il brasiliano non riesce proprio a digerire, tanto che ogni volta che esce dal campo fa certe facce che sono tutto in programma. A Roma l’uomo del doppio passo di Lione e del gol di tacco nel derby non è più felice e a Milano sogna di trovare gloria e onori, oltre che un ingaggio da paura, sicuramente superiore a quello che può garantirgli la società giallorossa.

Poi però sappiamo come è andata, con la maglia da titolare dell’Inter presto persa, la panchina sempre più incombente e la tribuna, che a Roma conosceva solo quando era squalificato o infortunato, che diventa una compagna di viaggio sempre più ingombrante. Col senno di poi possiamo dire che l’affaire-Mancini si è rivelato molto più redditizio per la Roma che per l’Inter, mentre a lui ha fruttato tanti soldi in più e molto campo in meno. No, il trasferimento a Milano non gli ha sicuramente giovato e chissà quante volte, in cuor suo, ha rimpianto le facce che faceva a Roma quando veniva giustamente sostituito da Spalletti, che doveva per forza mettere le esigenze di squadra davanti a quelle del ragazzo.

 

Così, dopo due anni e mezzo di disavventure nerazzurre, Mancini ha saltato il fosso ed è passato al Milan, dove il suo arrivo (a gennaio scorso) non è stato proprio salutato alla grande dal patron Berlusconi, che disse che lui non lo avrebbe preso. Apriti cielo, Galliani scese in campo per difenderlo e Leonardo lo mise subito dentro per far vedere che serviva eccome alla causa rossonera. Ma la sfortuna si rifece viva sotto forma di guaio muscolare e per Mancini ci fu ancora una sosta ai box. Sabato, complice l’infortunio di Pato, dovrebbe tornare titolare proprio nel suo vecchio stadio e contro la sua ex squadra, alla quale la sera del 15 gennaio del 2006 regalò una bella vittoria casalinga sul Milan con un gol dei suoi, nonostante ad arbitrare il match ci fosse

Rosetti. Gli applausi che i romanisti gli riservarono allora, stavolta si tramuteranno in fischi, anche se quel tacco al derby e tutte le altre prodezze che ha compiuto in giallorosso ci impediscono di volergli male. Siamo certi che tra tanti anni, quando avrà smesso di giocare e questi fatti saranno ormai stra-passati sotto i ponti della storia, verrà comunque ricordato positivamente.

 

Oggi, però, è un avversario e da quando è arrivato al Milan è andato ad ingrossare la schiera dei tantissimi doppi ex delle due squadre, che si sono sempre scambiati molti giocatori e allenatori. Su tutti, ovviamente, Nils Liedholm, che nei suoi continui viaggi di andata e ritorno tra le due società si è spesso portato dietro i pupilli lanciati o conosciuti qua o là, a cominciare da Di Bartolomei, che quando chiuse la sua avventura nella Roma si accasò proprio al Milan, nel quale in quell’estate dell’84 era tornato anche Liedholm. Accanto a loro troviamo altri pezzi da novanta del nostro calcio e delle due squadre come Carlo e Fabio Capello.

Quindi una sfilza di nomi illustri come Panucci, Maldera, Tancredi (che in gioventù era stato il secondo di Albertosi nel Milan), Sormani, Schiaffino, Schnellinger, Collovati, lanciato nel Milan da Liedholm e poi romanista proprio col “Barone” dall’87 all’89 insieme a Daniele Massaro (altro campione di Spagna ’82), che il Milan prestò alla Roma nell’88-89. Quindi, alla rinfusa, Antonioli, Cafu, Turone, Benetti (mediano d’acciaio a Milano e sul finire di carriera a Roma, dove allenò anche la squadra Primavera vincitrice del torneo di Viareggio), Cudicini padre, Buriani, Scarnecchia, Fuser, Spinosi, Pierino Prati, Radice, Pizzaballa (il dell’introvabile figurina Panini), De Nadai, Amarildo, Nevio Scala, Malatrasi, Barison, Fontana, Benitez; Maini, Pazzagli, Bet, Giorgio Morini, Petrini, Braglia, Pelagalli, Barzan, Pastore, Grosso, Renoso, Celio, Secchi, Menegotti, il “Condor” Massimo Agostini e il difensore Dario Bonetti, che fu il primo calciatore ad approfittare dello svincolo per passare proprio dalla Roma al Milan. Infine gli attaccanti Vincenzi e Antonelli, che si affermarono in rossonero, ma che in giallorosso segnarono due gol importantissimi: il primo della Roma in Coppa dei Campioni per Vincenzi; quello di un 1-1 nel derby per Antonelli, soprannominato “Dustin Hoffman per l’evidente somiglianza con l’attore americano. Tra i doppi ex mancati, invece, c’è , che da Roma, per fortuna, non è mai mosso e che a Milano hanno sempre

desiderato, tanto che in un sondaggio dell’altro giorno della Gazzetta è stato ancora votato come miglior calciatore italiano in attività. Al secondo posto si è piazzato , un altro che in tanti vorrebbero in rossonero ma che da
Roma non si muoverà mai.