
IL ROMANISTA (D. GIANNINI) - Poche parole e tanti fatti. E questo lo spirito che sta guidando Claudio Ranieri nella settimana che porta alla sfida col Bari. Una settimana particolarmentedelicata,forse quella più difficile. Perché cè da gestire leuforia seguita alla vittoria con lInter.
Poi però Ranieri qualche cosa se lè lasciata sfuggire. Ma solo un po, tanto per dare un po di carica. Come? Parlando del suo passato e di De Rossi: «Uno come Daniele non mi era mai capitato di incontrarlo. È il vero simbolo della romanità ai nostri tempi, un uomo oltre che un calciatore disposto a dare tutto se stesso per un modo di vivere. Che poi, se permettete, è quello che piace a me. Ora racconto una cosa che non ho mai detto a nessuno e risale ai tempi in cui giocavo nel Catania. Venimmo a Roma a disputare gli spareggi per la promozione in serie A, ma eravamo un po giù. I miei compagni mi chiesero di dare loro la carica, lo feci mettendo in pullman la canzone di Venditti che è da sempre inno romanista. Non cicrederete: eravamo sfavoriti, vincemmo gli spareggi. A segnare il gol decisivo fu Angelo Crialesi, un romano». Poi basta. Niente parole. Rispetto al recente passato il sor Claudio (così come Montali, anche lui alla presentazione del libro e anche lui rimasto in silenzio quasi totale «In questo momento bisogna stare zitti e lavorare, lavorare, lavorare») si è concesso meno del solito ai microfoni. Perché lallenatore deve dare il buon esempio. Questa è la settimana in cui la squadra deve dimostrare di essere matura, di meritarsi il grande sogno. Ranieri e Montali lo hanno ripetuto fino allo sfinimento: i tifosi hanno diritto di esaltarsi, di fantasticare, di gridare la loro gioia. I dirigenti e la squadra no. Perché ora viene il bello ma anche il difficile. Perché è semplice arrivare concentrati alla partita con lInter, ma lo è meno fare lo stesso col Bari. E allora si va avanti con i piedi per terra e la romanità nel cuore. Tuti insieme, perché anche noi «vogliamo godere ancora un po».