IL ROMANISTA (M. IZZI) - Lo scudetto corre frenetico sulla linea che porta da Bologna a Roma, due gare che racconteranno molto del futuro del nostro campionato ponendo la Lupa di fronte agli emiliani e allInter. Bologna, Roma e Inter il cortocircuito è completo e ci riporta alla stagione 1963/64, quando Fulvio Bernardini, alla guida degli emiliani duellò fino allo spareggio dellOlimpico (un episodio unico nella storia del calcio italiano) contro lInter di Herrera.
Quando Fuffo nostro in quella stagione da sogno dovette affrontare la sua vecchia Roma allo stadio Comunale di Bologna, portò la squadra a pranzare al Pappagallo in brodo. Remo, il proprietario, servì riso al burro, filetto di bue e carne di vitello ai ferri mentre Fulvio veniva tirato per la giacca da Bulgarelli e compagni perché iniziasse a raccontare dei tempi in cui della Roma era stato capitano e bandiera: «Dottore, ma oggi se vinciamo lei è contento lo stesso?». Lui rispondeva ridendo, e più che delle partite,degli scontri scudetto del suo passato (come quello del 1936 contro il Bologna), parlava dei tanti amici lasciati nella capitale, nomi importanti e sconosciuti che riemergevano dai suo discorsi: Giggi, Er Pirata, Er faciolaro.
Er faciolaro era naturalmente Mario De Micheli, suo compagno di squadra nella Roma. A questo punto il passo per arrivare a parlare di Attilio Ferraris era breve, ma il Dottore qui si fermava, lo vedevano scuotere le mani e alzarsi da tavola: «Con Attilio una volta ma questo non lo posso proprio raccontare». Quel 19 gennaio la gara non ebbe storia con una vittoria schiacciante dei rossoblù, al ritorno però, accadde di tutto. Fulvio era stato appena squalificato per responsabilità oggettiva sino al settembre del 1965 (per una delirante accusa di doping destinata in seguito a dissolversi). La notizia gli venne data allalbergo Villa dei Pini dove il Bologna stava preparando la partita contro la Roma. Bernardini, sotto shock seguirà la gara dalla tribuna, dando disposizioni al suo vice per mezzo di un Walkie Tallkie. Pietro Brunetti, fotografo di Momento Sera, ritrasse Fuffo mentre comunicava via radio con la panchina del Bologna e scoppiò il putiferio, corredato da un ricorso della Roma, sconfitta per 1-0, che venne consegnato dal capitano Giacomo Losi. Alla fine, come detto, si arrivò allo spareggio del 7 giugno 1964.
Nel giorno in cui la Roma è nata, Bernardini si trovò davanti alla sua gente per strappare il titolo ai nerazzurri. Non era stato facile perché lInter, spinta da Herrera aveva cercato di ottenere lassegnazione ex aequo del titolo. Il Mister del Bologna e il suo presidente (che morirà colpito da attacco cardiacodurante uninfuocata riunione con i dirigenti dellInter), furono irremovibili: «Ex che? Giochiamocela e poi vediamo come finisce». Finì che il Bologna schiantò lInter per 2- 0 e per Fuffo fu il trionfo di una vita. Ancora sul campo face regalare una maglia dei neocampioni ad un raccattapalle, Alvaro Colombi, che indossava la tuta della Roma. Negli spogliatoi, pochi minuti più tardi, Candido Cannavò, inviato speciale della Gazzetta dello Sport lo sentì dire: «Grazie Roma mia, qui per me è tutto più bello». Quella sera Bernardini fece disperare Antonio Bovina, direttore Sportivo del Bologna, perché dopo una puntata a Testaccio volle riservare la cena dello scudetto a pochi, selezionatissimi amici, tutti di razza Tevere. A mezzanotte Fuffo era andato già a letto, aveva fretta di sognare per poter spiegare ad Attilio quanto era bello vincere uno scudetto a Roma battendo lInter allOlimpico.