IL TEMPO - Ogni confronto, quale sia il peso sugli interessi di classifica, diventa una sorta di rimpatriata tra vecchi amici, la rivalità diventa un fattore positivo per i tifosi che amano lo sport. Non dimenticherà, il popolo romanista, le note di Venditti echeggiare nella maestosa cornice di San Siro, dopo una Coppa Italia vinta sul campo dei nerazzurri: che continuavano a collezionare scudetti sul campo, dopo quelli che gli impicci di Moggi e soci le avevano consegnato a titolo gratuito.
Giusto una piccola incrinatura nei mesi scorsi, quando era sfumata la trattativa per portare ad Appiano Gentile Julio Baptista, con susseguenti punture di spillo da parte di Mourinho, allusioni alla sparagnina furberia di Trigoria, non mi sembra che lo Special One fosse del tutto fuori strada, tutt'altro che inaccettabile lo scambio alla pari con Burdisso, che si sarebbe rivelato elemento fondamentale per la solidità difensiva.
Nessuno scippo, nessuna polemica, in passato, per trasferimenti dettati da imposizioni economiche, firme sui contratti ispirate ai reciproci interessi. Sono ancora dei monumenti, in campo nerazzurro, Walter Samuel e Christian Chivu, due difensori che hanno fatto le fortune prima di Roberto Mancini e poi di Mourinho. L'altro Mancini, Amantino, non è invece riuscito mai a integrarsi, fino a finire addirittura sull'opposta sponda cittadina, ma il passato del giocatore era comunque di primo piano, nulla di paragonabile a qualche anno prima, quando a Milano era stato spedito, con pacco raccomandato, Gabriel Batistuta, già in pensione anche se l'Inter non ne era al corrente.
Hanno viaggiato in senso inverso giocatori che hanno un peso determinante nel rendimento della Roma: prima Pizarro, padrone del centrocampo, poi Burdisso leader della difesa, da riscattare in tempi brevi, e nel reparto ha trovato i suoi spazi anche il giovane Andreolli. Senza rancore, dunque, ma senza sconti per nessuno, come è giusto.
Sulla sfida dell'Olimpico aleggia ancora l'ombra di Totti, al di là delle battutine ambigue del capitano la sensazione è che la panchina sia per Francesco la destinazione più sensata. Ranieri ha memorizzato quell'affrettato impiego a Torino, reso obbligato dall'infortunio di Toni, ma ha bene in mente l'importanza delle rimanenti sette partite, quella dirittura d'arrivo che il tecnico aveva preconizzato dopo la visita della capolista all'Olimpico. Fin troppo noto che Totti giocherebbe anche con le stampelle, ma un così prezioso capitale l'allenatore ha il dovere di salvaguardarlo, troppe volte i recuperi affrettati hanno prodotto strascichi dolorosi e ulteriori stop. Stavolta, almeno inizialmente, ci proverà questa Roma che non sa perdere.