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Non ricordo la macchina su cui salì, solo che era bianca ma forse è un bene che i ricordi più intensi siano al tempo stesso anche un po sfumati, per questo mi piace che ancora oggi, quando gli telefono per avere lumi sul primo passo di un viaggio che stasera compie cinquantanni, lui mi dica che forse, forse era un Roma-Padova, quella volta, perché è la prima Roma dei suoi ricordi. Mezzo secolo di un Olimpico che ha perso la pelle bianca e marmorea che aveva da giovane, che si è messo il cappello, che ha smarrito la bussola di una Madonnina; ma mezzo secolo sempre lì, parole e musica della Sud accanto a sinistra. Come crescere con una spina dorsale che ad ogni vertebra conta i nomi di Losi, Santarini, Di Bartolomei, Giannini, Totti; Unera geologica di scarpini ed accordi, Circo Massimo di fusione emotiva, dove una nota di maggio volava comunque più alta di un rigore di Graziani e una lacrima furtiva sinsinuava tra i tasti di un pianoforte.
 
Quante coordinate sentimentali che si incrociano, tra paralleli di tifo e meridiani di musica nel rapporto tra i cantautori e le maglie più amate: Vecchioni sè scelto la nebbia di San Siro come teatro della malinconia, Dalla e Morandi impazziscono di rossoblu al DallAra, De André vive ancora oggi in effigie sul bandierone genoano che sventola nella gradinata del Grifone; ma sono tutti di quella squadra, perché legati a quei colori. Antonello invece è la Roma, non trascorre, a differenza di calciatori, allenatori e presidenti, perché ad ogni rintocco pagano di un ingresso in campo il rito ricomincia dal ricordo che si, è vero: tha dipinta lui. Auguri Antone, questi sì che so compleanni!
 
			 
		 
				 
					
				 
	




 
				 
				 
				