
IL ROMANISTA (P. BRUNI) - I tifosi hanno iniziato a conoscere Julio Baptista qualche mese prima del suo arrivo nella Capitale: a marzo di due anni fa, nella sfida di ritorno degli ottavi di Champions League. Quel giorno, ancora con la maglia del Real Madrid, fece letteralmente impazzire la difesa romanista. Il brasiliano dopo la prima stagione giallorossa, impreziosita da undici reti, sembrava aver conquistato i cuori di tutti gli appassionati. Sembrava. Questanno, invece, nel momento della definitiva consacrazione si era un po perso nei vicoli di Trigoria.
Il brasiliano dopo la prima stagione giallorossa, impreziosita da undici reti, sembrava aver conquistato i cuori di tutti gli appassionati. Sembrava. Questanno, invece, nel momento della definitiva consacrazione si era un po perso nei vicoli di Trigoria. Poche apparizioni, prestazioni mediocri e i primi malumori della gente. Qualche infortunio, poi, laveva costretto ad allenarsi a singhiozzo e a restare lontano dalla forma migliore. Nessuno, neppure il più razionale, si capacitava come un ragazzo con le sue qualità tecniche e che aveva giocato più di quattrocento match da professionista, potesse essersi dimenticato il modo per stoppare un pallone o fare un passaggio a meno di due metri. Julio Baptista era diventato un mistero.
Alla Twin Peaks per intenderci. Nel gennaio scorso, durante la sessione invernale di calciomercato, il suo nome era stato accostato prima ai greci del Panathinaikos e, successivamente, a quello dellInter. Proprio sulla linea del traguardo della Milano nerazzurra, tuttavia, la sua cessione si era bloccata. Col senno del poi, forse, un segno del destino. Da quel momento, infatti, anche grazie al lavoro psicologico di Ranieri che lo ha sempre pubblicamente (e non) definito un campione, il paulista ha iniziato a dare segnali di risveglio. Tanti piccoli passi in avanti che hanno raggiunto il loro culmine domenica scorsa, nella sfida col Napoli, la sua quattrocentesima
da professionista. La Bestia, oltre ad aver segnato, ha tirato fuori grande voglia di fare.
Specie se si pensa che, anche nei periodi più delicati, Baptista si è dimostrato un professionista esemplare: mai una parola fuori posto, mai uno screzio con lambiente. Pregio, confermato anche dal suo diesse, Daniele Pradè: «Siamo contenti perché abbiamo sempre detto che è un professionista. Lui, o è stra-amato o odiato però gode di una grandissima considerazione dai suoi colleghi. È un esempio di professionismo anche per i più giovani». Il piatto da qui a luglio è ricco e appetitoso. La strada che porta al Mondiale è ancora lunga e lastricata di cattive intenzioni. Prima, però, cè da conquistare una zona Champions e prendersi la stellina dargento per la decima coppa Italia.