IL ROMANISTA (G. DOTTO) - Rooney, Ronaldo, Fabregas, Ribery. E lEuropa che ci riguarda. Non è semplice far finta di non saperlo. Che stiamo giocando nella B del calcio che conta. Che non sarà mai la stessa cosa. E che, anche quando incontreremo club nobili come Liverpool o Juventus, si tratterà comunque di nobili decadute. Claudio Martello vive uno stato di grazia. Di questi tempi saprebbe motivare anche un somaro di Ginostra, convincendolo che il buio e la fatica sono indispensabili per accedere al paradiso dei somari. Ci consola sapere che, come svago calcistico di un dio minore, siamo di passaggio.
Pochi mesi ancora e saremo ancora lì, magari non sarà Cicoria ma il più telegenico Montali, a chiederci che palla, che incubo sarà, Manchester o Barcellona. Sarà molto istruttivo registrare stasera, nel casino amplificato di Atene, fino a che punto arriva il genio motivatore di Ranieri. Senza Totti, senza Toni e un pensiero, lInter, che prende corpo. Venti risultati utili consecutivi sono un pieno che rasenta la costipazione. La pancia piena reclama di svuotarsi, per rimettere in moto i suoi mantici. Legge dei numeri ma anche regole della fisiologia.
Fino a quando Ranieri riuscirà a tenere, in questa pienezza sempre più piena, quella piccola, necessaria frazione di vuoto, di non realizzato, di tensione verso quello che ci manca, di rabbia al pensiero di quello che non è stato? Questa è la domanda su cui si gioca la stagione della Roma. La straordinaria parabola di Ranieri, reietto in bianconero, un eroe in giallorosso, conferma come tutto sia nel potere della mente. Potere che tutto pervade nel bene
e nel male, a partire dalla sua arma letale, la parola. Ranieri ha ritrovato a Trigoria la parola che a Torino aveva perduto. Che Spalletti a Roma aveva perduto. La parola si logora come le scarpe, come il volto della donna amata. Con Ranieri, De Rossi, Pizarro e compagni, hanno ritrovato il piacere di ascoltarla. Anche per questo il gesto
dellorecchio sta diventando limmagine di questa Roma.