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Si, io ci credo e per di più rincaro la dose

17/02/2010 alle 11:27.

IL ROMANISTA (F.STINCHELLI) - Questo scritto dedico, francamente e appassionatamente, ai sapientoni del calcio,ai sommi sacerdoti dell’ovvio, agli osservatori professionalissimi di Eupalla (come diceva il grande Gianni Brera) e infine, per dirla tutta e semplicemente, ai cacadubbi che sputano sentenze e coglionerie a ogni piè sospinto.

Una follia che voleva essere al tempo stesso una sfida e una provocazione: sostenute, però, non dalle solite chiacchiere, che non costano nulla e perciò stesso sono l’arma preferita dei sapientoni cacadubbi, ma mettendo mano alla tasca. Operazione alla quale i medesimi appaiono sempre poco inclini. E qui, terrei a precisare, che l’aultima quotazione, il 12 contro uno, non mi ha scoraggiato: ho rincarato la dose, mettendoci su altri euri (tanto sono ricco!). Gli è, miei pazienti e rari lettori, che il sottoscritto è uomo pieno di difetti, peggio, di vizi e di peccati capitali (eccezion fatta per l’invidia), ma ricco di caparbietà e di sciagurato coraggio. Non sono, tanto per capirci, quel che il gergo azzardistico romanesco affossa con l’espressione ‘core de latta’. No, io non ho mai appartenuto alla schiera degli scommettitori ‘punta e fuggi’. No, io, devoto del trente-et-quarante, non ho mai ritirato la puntata vincente, ma sempre l’ho lasciata, rischiando tutto, sulla ripetizione. Insomma – chi se ne intende può capirmi, gli altri vadano sul web -, io, cultore della ‘serie’, non potevo, a quel giuoco in cui la punta ha il minimo svantaggio sul banco, che esaltarmi nel ‘paroli’. Ed è esattamente quanto ho fatto, la scorsa mattina, sulla Roma, presso il ‘clanda’ romano: per l’appunto un ‘paroli’, diciamo pure, d’anticipo.

I cacadubbi attualmente si abbarbicano al crollo della ‘serie Ranieri’. Spiego cos’è la serie. Chi di voi, almeno una volta nella vita, magari in compagnia della mogliera tremebonda, non ha varcato la soglia di un casinò? Chi di voi, tanto per mettere uno schizzo d’adrenalina nel grigiore insipido dell’esistenza, non è andato ‘a provarci’, sì, al tavolo verde? E allora, là, davanti allo scorrere dei colpi, scegliendo lechances semplici, bisogna pur decidersi: o rouge o noir, o pair o impair, o couleur o inverse.Ed è sempre, per i novizi, un bel problema. Esitano, titubano, si consultano con la compagna. Insomma, perdono tempo: la cosa più odiata dai poteri forti dell’azzardo, che pretendono solo rapidità e ritmo. Un antico adagio del ramo sostiene:’Lo stasso (giocatore) non deve prendere aria né tempo’. Eh, già, non deve poter riflettere… E nemmeno noi, romanisti-onanisti, ci dobbiamo consentire pause di riflessione. Chi riflette è perduto. Ma voi credete sul serio che Mastro Claudio, in serie da venti colpi, si stia lambiccando il cervello sulle possibilità di cadere in alternanza, cioè, che dopo questi venti rossi, possa sbucare il nero? Ma per l’amor di Dio, toglietevelo dalla testa. Un ricordo personale. Casino di Deauville, diciamo trent’anni fa: provavo a ‘rientrare’ da una forte perdita su prestito, udite udite, di Monsieur Barrière, grand patron della casa. Ero da sette colpi al nero, in serie vincente. Con l’ottavo, se non franavo nel rosso, avrei totalmente colmato il buco. Potevo tradire il mio nero? Mai. Ci restai ancorato, con la morte tra i denti. Alla prima fila, che è quella del nero, il croupier mise giù 39. Mi sarei voluto sparare: avevo otto punteggi contro, uno pari e uno, il 40, a favore. Chiusi gli occhi. Poi udiila cara voce:”Quarante!”.
L’employé, che conosceva le mie ambasce , mi sorrise, dicendo:”Oh, le jeu, monsieur, vous savez…”.Sicuro, sapevo bene. Tanto bene che, tagliato il mio traguardo, feci su la vincita e andai a cambiare. Nell’allontanarmi, udii la voce del croupier che annunciava l’esito del colpo successivo:”Le rouge gagne et la couleur perd…”. Avevo fatto appena in tempo… Questo per dire che io, come Ranieri, non tradirò mai la ‘serie’ per l’alternanza. Siamo in serie? Ebbene, restiamoci. Tanta fede – qualcuno dirà – presso un tale che arrivò ad augurarsi una Roma in B, pur di sottrarla a un serto di brave signore angustiate dai debiti, avvinghiate alla Roma e, condannate a vita, a sperare nella grazia dei potenti? Certo: ribadisco e confermo. Al momento, però, a quel momento, non conoscevo ancora la grazia e la fortuna di Claudio. Sapete cosa disse Giulio Cesare, dalla riva di Taranto puntando verso la Grecia, al barcaiolo che esitava, spaventato dalla furia delle onde? Disse:”Perge audacter. Caesarem vehis Caesarisque fortunam”, che, tradotto, suona così:”Procedi con coraggio. Tu porti Cesare e la fortuna di Cesare”. E’ lo stesso tratto di mare – guarda un po’- che la ciurma di Claudio sta ora trasvolando verso l’impegno di Atene.