Ranieri, Mazzone, Batistuta e il cartellino di Giannini

07/02/2010 alle 10:03.

IL ROMANISTA (M. IZZI) - La partita di calcio è un evento particolare. Non c’è spettacolo teatrale, cinematografico, escursionistico che possa paragonarsi all’unicità e all’irripetibilità di un match di football. Sul prato verde non si consumano solo gesta tecniche, s’incrociano anche vicende e storie individuali. Il 5 maggio 1996 allo Stadio Franchi di Firenze, s’incrociarono le gesta tecniche di Fiorentina e Roma e le vicende e le storie di Carlo Mazzone, Claudio Ranieri, Giuseppe Giannini e Gabriel Omar Batistuta. La Fiorentina, reduce da un torneo straordinario è al terzo posto in classifica e concluderà quell’annata di grazia aggiudicandosi la Coppa Italia. La Roma sta concludendo, con mille rimpianti, il ciclo del tecnico trasteverino. La sfortunata sfida di Coppa Uefa contro lo Slavia Praga ha sbarrato definitivamente la strada ad un eventuale futuro che è svanito anche per il capitano Giuseppe Giannini. ..

La società ha deciso che la Roma dovrà fare a meno di quello che per oltre quindici anni è stato un punto di riferimento imprescindibile. Gli spalti del Franchi sono presidiati da oltre 36.000 spettatori, osservano distanti il congiungersi di queste vicende di calcio così diverse. A partire da Claudio Ranieri, il ragazzo di San Saba, cresciuto a Testaccio ed entrato nel mondo professionistico dalla porta più affascinante e desiderata, quella dell’AS Roma. Un solo giro di valzer in giallorosso, poi il suo destino di calciatore girovago lo porta a Catanzaro dove Carlo Mazzone diviene il suo maestro.



Ranieri, una volta divenuto allenatore, dopo la bella esperienze al Cagliari, vive nella à di Dante un periodo radioso. La promozione in serie A, la
conquista della Coppa Italia e di lì a breve della Supercoppa italiana. Solo sei mesi dopo questo apogeo, però, Ranieri, tecnico di questa miracolo, sarebbe entrato nell’occhio del ciclone. Dopo la sconfitta a Verona del 16 febbraio 1996, 5000 tifosi viola si sarebbero scagliati contro di lui con insulti e lanci di monetine. Le agenzie di stampa parlarono di Ilario Castagner e Giancarlo De Sisti come suoi possibili sostituti per traghettare la squadra nei quattro mesi mancanti alla fine della stagione. Il – Roma di Claudio, anche se quel giorno non poteva saperlo, dunque, era quello contro una Roma che tanto aveva amato, al servizio di una piazza che in realtà, fino in fondo, non lo aveva capito e non lo

avrebbe difeso. Sulla panchina della Roma, del resto, c’è un Carlo Mazzone che non è certo reduce da mesi positivi. Messo in discussione sin dal ritiro di Lavarone, Mazzone è entrato per mesi in silenzio stampa dopo che alcuni giornali lo avevano accusato di aver approfittato del matrimonio del figlio Massimo e della presenza

del presidente Sensi alla cerimonia, per ottenere il rinnovo del contratto. E’ ferito Carletto, per la conclusione dell’avventura più intensa della sua carriera, ma il rapporto con Franco Sensi è rimasto intatto, nutrito da una stima e da una solidarietà di ferro, tanto che il tecnico a febbraio aveva dichiarato: «In tasca ho un altro anno di contratto, ma il presidente sa che se non gli vado più bene, mi faccio da parte». Sa, Mazzone, di dovere tutto a Franco Sensi, di dovergli anche più di tutto … di dovergli la Roma.



Nello stesso campo di calcio c’è anche Gabriel Omar Batistuta, sempre più simbolo viola, destinato a rimanere bandiera di un’intera à ancora per quattro lunghissimi anni, sino all’estate del 2000, sino ad un trasferimento destinato a scrivere un capitolo assai intenso del calcio italiano.

C’è infine la storia di Giuseppe Giannini. A gennaio, dopo la sconfitta contro l’Inter si era abbattuta su di lui una tempesta. Nella gara d’andata contro la , due settimane prima della trasferta di Milano, Peppe era stato confinato in panchina, con schierato sin dal primo minuto. Una doppietta di Balbo quel giorno aveva dato l’illusione della vittoria, poi Robbiati e Batistuta avevano rimesso in equilibrio il punteggio. In quel gennaio Giannini, stremato e amareggiato dalle critiche, aveva chiesto a Mazzone di venir messo da parte. Non voleva più essere utilizzato per non mettere in difficoltà il suo allenatore. Un colloquio con Sensi, 48 ore dopo, aveva migliorato il clima ma per la gara contro la Sampdoria Giannini non sarebbe stato neanche convocato. Poi il ritorno lento, il contributo generoso ed efficace, fino al 5 maggio 1996.

La Roma (che quel giorno non schiera ) dopo una rete di Batistuta schianta la per 4-1 con le doppiette di Abel Balbo e Marco Delvecchio. Ma quel giorno tra le reti e le facce attente di Carlo Mazzone e Claudio Ranieri vi fu anche un cartellino, un’ammonizione ai danni di Giuseppe Giannini. Quel cartellino sventolato dall’arbitro Pellegrino, costò al Principe l’ultima apparizione all’Olimpico. Quella gara che doveva servirgli per salutare la sua gente e una parte decisiva della sua vita. Un’ammonizione che ha portato via un saluto che neanche quattro anni più tardi, nella gara d’addio, Giuseppe riuscirà a consumare. A distanza di 14 anni sul palcoscenico del Franchi torna uno solo dei protagonisti della gara del 5 maggio 1996: Claudio Ranieri, con i viola ha un conto aperto che parte da lontano.