L ROMANISTA (F.BOVAIO) - "Home sweet home dicono gli inglesi, che Ranieri ben conosce, avendo ancora una bella dimora in quel di Chelsea, uno dei quartieri più raffinati ed eleganti di Londra, sua città dadozione. Ma una casa Ranieri ce lha anche a Roma, che è la sua città. Quella dove sta facendo cose egregie alla guida della squadra del cuore per le quali noi, amanti della Lupa fin dalla nascita, non finiremo mai di ringraziarlo.
E poiché questa è la sua casa vera, quella nella quale ha le sue radici, ci sarebbe sembrato strano se non avesse imposto alla sua Roma una tradizione che la storia romanista (e lui da tifoso antico) ben conosce: la capacità di sfruttare al massimo le partite tra le mura amiche.
Qui Ranieri ha costruito la rinascita e il rilancio della squadra. Basti dire che delle 16 gare ufficiali giocate sul suo campo la Roma ne ha vinte 15 e persa 1. Quella maledetta e sfortunata contro il Livorno. Poi solo e sempre successi, sia in campionato che nelle coppe. Un dato rilevante e importante alla luce di un doppio turno casalingo come quello contro le siciliane Palermo e Catania. Con altri 6 punti in cascina, infatti, i giallorossi potrebbero consolidare il loro secondo posto alle spalle dellInter e, hai visto mai, sperare anche in qualcosa di più. Dunque sarà bene far proseguire lottima tradizione casalinga, proprio come fecero altre grandi Roma del passato.
Quella di Capello, ad esempio, che allOlimpico rimase imbattuta per due anni e mezzo, ovvero dal 19-3-2000 (0-2 con la Reggina) al 22-9-2002 (1-2 col Modena). Unimbattibilità interna lunghissima che coincise col terzo scudetto della storia giallorossa, arrivato al termine del campionato 2000-01, che allOlimpico vide la Roma collezionare 12 vittorie e 5 pareggi e con quello della stagione seguente, chiusa con un secondo posto anche in virtù dei 13 successi e dei 4 pareggi casalinghi. In pratica, dunque, con Capello la Roma rimase imbattuta nel suo stadio per due campionati consecutivi. Nelle coppe, però, in quel periodo non andò altrettanto bene, visto che in casa venne sconfitta da Liverpool e Real Madrid. Incidenti di percorso che non scalfirono la fama di tana della Lupa che cominciò a calare sullOlimpico, che fu tale anche nello splendido ciclo di Liedholm negli anni 80, che videro la Roma chiudere da imbattuta nel suo stadio lintero campionato 1980-81 (8 vittorie e 7 pareggi, che costarono lo scudetto quasi quanto il gol annullato a Turone) e lintero torneo 1983-84 (11 successi e 4 pari per un secondo posto alle spalle della solita Juve).
Nel campionato del secondo scudetto, invece, persero solo la partita con i bianconeri, mentre in quello precedente (1981-82) caddero solo contro il Cesena, uscito vittorioso con un gol di tale Genzano propiziato da un errato passaggio di Giannini, allesordio in A. Insomma, dallinizio del campionato 1980-81 alla fine del ciclo Liedholm (giugno 84, vittoriosa finale di ritorno della Coppa Italia contro il Verona) allOlimpico i giallorossi persero solo 2 volte in A, 1 in Coppa Italia (con la Juve nelledizione 1982-83) e 1 in Coppa Uefa (col Benfica di Eriksson, sempre nell82-83, ma quella gara venne giocata al Flaminio). Quattro sconfitte in 85 partite tra campionato (60 gare) e coppe (25 tra Italia, Uefa e dei Campioni). Una bazzecola. E lOlimpico diventò un vero talismano per la Roma, che seppe fare altrettanto bene anche quando i lavori per Italia 90 la costrinsero ad emigrare al vicino Stadio Flaminio. Era la stagione 1989-90, quella con Radice in panchina, che i giallorossi iniziarono con una strana partita casalinga sul neutro di Pescara contro lAscoli. Il loro campo, infatti, era squalificato e così emigrarono in Abruzzo, dove fecero 0-0 con un rigore parato da Lorieri a Giannini. Una volta tornati nella Capitale, però, ingranarono la quinta, sfruttando al massimo le risorse di calore umano del piccolo impianto di Viale Tiziano, dove chiusero il campionato con 8 vittorie, 6 pareggi (più quello succitato di Pescara) e 2 sole sconfitte.
Quella contro lo stratosferico Milan di Sacchi e laltra, per 0-1, contro il Genoa, che da quel giorno nella Capitale non ha vinto più. Anche con Spalletti il fattore Olimpico ha funzionato, ma solo dopo quattro mesi di stenti. Allinizio della sua avventura romana, infatti, il toscano dovette faticare moltissimo per rimettere in piedi una squadra reduce dalla disastrosa stagione 2004-05 e forse anche per questo la vide cadere tra le mura amiche contro Udinese, Siena, Juventus e Palermo tra il settembre e il dicembre 2005. Poi, però, le cose cominciarono a funzionare a da allora lOlimpico ridiventò un talismano, tanto che in quel torneo la Roma non ci perse più, replicando la striscia positiva in quello seguente (2006-07), chiuso con le sole sconfitte interne con lInter e il Torino (ma in questo secondo caso la Roma era già con la testa alla finale di Coppa Italia) e in quello ancora successivo (2007-08), terminato lunico stop contro i milanesi, 15 vittorie e 3 pareggi. LOlimpico, casa nostra