
IL ROMANISTA (M. FUCCILLO) - Sabato sera in tv ho assistito ad un quasi riuscito tentativo di linciaggio. No, non quello del buon gusto, della buona musica e della decenza nazional popolare messo in atto a Sanremo da chi votava Avanti Savoia. Parlo dellaltro linciaggio, quello provato su altri canali tv e su un altro palco, quello di San Siro. Luomo da linciare era larbitro, un arbitro in carne e ossa, nome e cognome. Ma soprattutto da impiccare allalbero era, secondo gusto e voglia criminal popolari, lidea stessa di un arbitro vero.
Ho assistito dunque alla folla che gridava: impiccatelo. Metaforicamente ma neanche tanto. Folla relativamente incolpevole, comunque meritevole dellattenuante di sopravvenuta incapacità di intendere e di volere. Si può chiedere ad una folla tifosa di vedere e valutare che larbitro espelle due della tua squadra, uno perché ferma con il gomito piantato sulla faccia dellavversario la sua corsa verso la rete con la palla al piede e laltro perché, già ammonito, alza da terra fallosamente un altro avversario? Si potrebbe, si dovrebbe chiedere. Ma non in questo mondo. Dunque non chiediamo alla folla interista di vedere che i due sbattuti fuori lInter se li era voluti e meritati. Evangelicamente perdoniamo quella folla, e tutte le folle tifose che fanno altrettanto, perché letteralmente non sanno quello che fanno.
Ma listigatore, luomo con il cappio in mano, il mister Lynch dei campi di calcio, lui sì che sa quello che fa. Ho visto Mourinho eccitare la folla, chiamarla al linciaggio, lho visto chiedere alla telecamera corda e sapone. Ho visto un violento della razza peggiore, uno sceriffo di quelli che ti fermano per infrazione stradale, poi si divertono a pestarti in cella e, se fiati, chiamano le comari e i bulli di quartiere a farti a pezzi gridando che hai molestato una bambina.
Uno così, uno come Mourinho, non lo voglio, non vorrei vederlo. E non perché è lallenatore rivale, lallenatore degli altri, lallenatore dellInter. Uno così, un provocatore prepotente e insolente, non lo vorrei e non lo voglio neanche se fosse il mister dei miei. E mentre lo scrivo so che non certo tutti saranno daccordo, che qualcuno battezzerebbe grinta e carattere quella violenza se fosse vestita con i colori di casa. E, mentre vedevo, sentivo anche la sudditanza psicologica. Non dellarbitro, ma dalla tv, delle sue voci. In questo caso delle voci di Sky. Incredule, sorprese, sgomente e neanche sotto traccia infastidite dal fatto che larbitro in campo applicasse
il regolamento, le regole del gioco. Chiamavano fiscalità ed esagerazione il rispetto imposto delle regole. Soprattutto si stupivano del fatto che larbitro osasse tanto: farle rispettare fino in fondo anche ai più forti. Era questo lo scandalo di cui non si capacitavano. I cronisti e i giocatori dellInter in campo. Nei loro atteggiamenti e nella loro testa, starei per dire nella loro morale, cera evidente lidea che, se uno è più forte, questo vuol dire
che è il padrone. Gli undici poi diventati nove volevano fosse riconosciuta e sancita la loro condizione di padroni in virtù della conclamata maggior forza. Ed era per loro intollerabile che larbitro sancisse che non cerano padroni
e che fossero alla pari con gli altri a fronte delle regole di un gioco.
LInter laltra sera in tv era quello Stankovic che gridava Pezzo di merda a Palombo che mostrava la gamba
ferita e insanguinata dai tacchetti di Milito. E tutto il palco di San Siro era un festival dove tribuna e platea, telecronaca e concorrenti in nerazzurro aspettavano il crollo psicologico, il cedimento, la resa dellarbitro. Non arrivava, non è arrivata e per questo cresceva la voglia di linciaggio. Ho visto dunque perché in Italia è tanto difficile avere un arbitro, di calcio ma non solo, che faccia secondo coscienza e intelletto il suo mestiere. E difficile perché un arbitro così non lo vogliamo, anzi lo vogliamo linciare. Sabato sera a fare così erano gli interisti,
domani sarà qualcun altro. Se questa è lInter, se questa è la sua cultura calcistica, fa ancor più piacere darle fastidio, turbarla. Vincendo con il Catania la Roma è arrivata a cinque punti di distanza. Resto convinto che la differenza di forza calcistica tra le due squadre sia superiore. Però che sia la Roma a graffiare la sicumera padronale dellInter è non solo partigiana buona notizia, è anche una piccola operazione di igiene comportamentale. E, siccome, le soddisfazioni talvolta la titano, ma quando muovono arrivano in coppia, non è senza suppletivo piacere non solo di classifica battere i catanesi, espressione anche loro di una consolidata protervia comportamentale, sia pure su scala minore.
Mi sono messo a guardare Roma-Catania con una certa ansia. Correva in città lidea che ad Atene si fosse spezzato, rotto qualcosa, fosse anche solo lincanto di una squadra che non perde più per incanto. Alla notizia che Pizarro non cera lansia è cresciuta, si è sommata al dubbio che fosse finito il ciclo dei risultati e della buona sorte anche se non certo quello della determinazione e impegno. E invece tutto continua, nulla si è rotto o spezzato. La Roma continua a vincere, non cè notizia. E questa sì che è una bella e tosta breaking news.