IL MESSAGGERO (R. RENGA) - Mourinho è folkloristico e non conosce mezze misure, ma non è matto. Se esagera, se si incatena al Colosseo, lo fa per seguire un piano preciso. LInter teme che vogliano scucirle lo scudetto tramite diavolerie arbitrali. E ha individuato nel Milan, e non nella paciosa Roma, il nemico da marcare e possibilmente fermare. La Roma può solo guardare da una poltrona di seconda fila questo derby, tutto milanese, di potere, di urla, di balletti mediatici, di proteste televisive, questo show che per audience potrebbe battere il festival. Il vero spettacolo nazional popolare si sta svolgendo a San Siro, non a Sanremo.
LInter ha sempre temuto di contare poco o niente in Lega, dove comanda Adriano Galliani, per un lungo periodo addirittura presidente e come tale addetto ai rapporti con le tivvù. Anomalia tutta italiana. La Lega è il condominio dei club, che tirano fuori i soldi per gli arbitri e li passano, per dare meno nellocchio, alla Federcalcio.
E la Lega, dunque, il vero centro di potere. Capita che un giorno la Lega modifichi a vantaggio del Milan le date dei recuperi e delle partite di Coppa. Mourinho, che non è Moratti, salta in aria, esplode, manifesta al mondo la sua preoccupazione. Poi registra lespulsione di Sneijder, il mancato rosso al barese Bonucci, la cancellazione di due rigori a Napoli, i due rigori regalati alla Juve (che amica non è) e va in tilt, trascinando con sé lintera squadra. Tagliavento doveva semmai buttare fuori altri interisti, però Mourinho, ormai accecato dalla passione, non vede e non sa. Succede sabato sera.
La domenica il Milan vince a Bari anche grazie a un rigore negato alla squadra di casa. Immaginiamo facilmente le reazione del tecnico nerazzurro. Nuovo a queste scene e dunque ancora in grado di sorprendersi per qualche fischio sbagliato. Non sappiamo se gli arbitri hanno fatto quadrato. Non sappiamo se ai loro occhi il Milan appare bello e puro e lInter la nemica da combattere: non ci sembra, ma è poco per confortare chi si considera vittima.
Sappiamo in ogni caso di aver vissuto Calciopoli e di averla considerata unoccasione persa. Che vuol dire? Che siamo la patria dei biscotti e degli scandali e che indagini e sentenze non hanno fatto piazza pulita, come si chiedeva. Alcuni hanno pagato, altri sono usciti dalla peccaminosa situazione addirittura beatificati, vedi il Milan campione dEuropa nella stagione successiva. Ora siamo al cospetto di una battaglia cruenta e inedita. E Mourinho non ha vissuto ciò che ha patito Zeman. Al posto del boemo giallorosso, che avrebbe fatto? Ci chiediamo come la Roma si possa inserire in questo duello.
E il terzo incomodo. Ci guadagnerà; ne resterà fuori; ne riporterà indirettamente ferite? E che farà la Juve? E il Napoli? Ormai urlano tutti, anche il moralizzatore Lotito, che minaccia di adeguarsi allandazzo, e ci si segnala, semmai, per silenzio, lavoro e cultura sportiva.
La Roma cerchi allora di recuperare energie e giocatori e si vedrà. Rammenti che contro il Catania dellirascibile Sinisa ha vinto senza Bertagnoli, Motta, Mexes, Pizarro, Totti e Toni e con Perrotta a mezzo servizio. Ha recuperato Cerci, sta recuperando Doni e Baptista, recupererà Menez: giocatori non ancora promossi dalla tifoseria. Ricordiamo una cosa: Riise era considerato un ciuccio spompato e Vucinic, finalmente osannato, era per molti un soprammobile. Di pregio, ma inutile.