Da Londra con amore

17/02/2010 alle 11:30.

CORSPORT - How are you? «Fine thank you». Scolastico ma corretto. Lo studente Okaka Chuka procede lento ma sicuro sull’impervia via della lingua inglese. Il Fulham che lo ha adottato con affetto e in allegria, gli ha messo alle calcagna un insegnate tassativamente di sesso maschile. Stefano si è sfidanzato da poco e i suoi occhioni da cerbiattone d’ebano hanno già colpito le ragazzine inglesi, tifose e non. Lo abbiamo scovato nella quiete ovattata del centro tecnico di Coverciano, cullato dalla gioia di una conferma nella nazionale Under 21 dopo l’esordio in Lussemburgo, beatamente immerso in un’anonima giornata uggiosa fiorentina.

E alla prima domanda, forse ovvia ma inaspettata, ha risposto come un diligente suddito della Regina.

A Londra per una grande avventura, con tante speranze e qualche piccolo rimpianto, ma soprattutto da Londra con amore, perchè ogni parola di Stefano suona in giallorosso, così come il suo telefonino, impazzito di chiamate dopo il suo primo gol made in england. Tutti i suoi fratelli maggiori della Roma lo hanno chiamato per fargli i complimenti.



Lui ricambia con un pizzico di nostalgìa, pronosticando il possibile e l’impossibile per la squadra che ha lasciato con una prodezza da lasciare a bocca aperta, il favoloso gol di tacco al Siena che qualche rimpianto ha lasciato anche ai supporter romanisti.



Questa mattina, chiuso il breve stage con l’Under 21 a Coverciano, Stefano torna a Londra dove sta vivendo un’avventura nuova e intrigante, che lo farà crescere come calciatore e come uomo, ma il cuore resta in zona Foro Italico, direzione e al cuore non si comanda. Intanto studia da forward vero, fa a sportellate coi rocciosi difensori britannici, va alla scoperta di Regent Street e dintorni, per capire se un giorno potrà tornare a Roma e caricarsi finalmente l’attacco giallorosso sulle poderose spalle.

Vive a Chelsea, studia inglese Al Fulham lo hanno adottato Hodgson se lo coccola, lui ha già segnato il suo primo gol al mitico Craven Cottage.

Stefano, da appena quindici giorni a Londra, sponda Fulham, come va?

«Bene, quattro partite, quattro vittorie, e io sono andato sempre in campo anche se non sempre dall’inizio».

Un gol segnato ma anche uno «man­giato » proprio all’esordio al Craven tage.

«Una gioia immensa il primo gol ingle­se e un piccolo-grande rimpianto per quel gol fallito nella prima partita. Avrei stabilito un nuovo record per la Premier League: il gol più veloce di uno straniero all’esordio. Pazienza».

E l’ambientamento?

«Ottimo, qui siamo tutti amici, c’è me­no pressione. Pensate, sono arrivato con il Fulham che veniva di cinque sconfitte consecutive e in allenamento tutti ride­vano e scherzavano. Evidentemente da Roma ho portato anche fortuna».

Dove abiti?

«A Chelsea, in un condominio dove vi­vono anche alcuni giocatori del Chelsea, ma vicinissimo al Craven Cottage. I due quartieri sono attaccati. Devo stare at­tento, se esco insieme a loro rischio di andare ad allenarmi con . Sto da solo ma ogni tanto i miei mi vengono a trovare. Spesso la sera vado al ristoran­te con alcuni amici italiani che vivono a Londra. Mangio rigorosamente italiano e spero di continuare così».

Hodgson?

«Un vero signore, gli devo già molto e spero di ricambiare in campo».



I difensori inglesi. Sportellate vere o presunte?

«Sono solo più di quelli italiani e a me non dà fastidio».



Hodgson ti parla nel suo italiano, ma tu come fai con i compagni di squadra?

«Tranquilli, in qualche modo mi faccio capire, piano piano un po’ di inglese af­fiora e poi c’è Zubi, il di riserva, che è svizzero ma conosce anche l’italia­no e mi aiuta».

Differenze nel modo di giocare?

Tante. In Inghilterra di tattica ce n’è veramente poca. Si corre, si danno e si ri­cevono botte e chi è più forte quasi sem­pre prevale. In Italia il calcio è molto più sofisticato sotto il profilo tattico».

Hai lasciato la Roma con una prodez­za da stropicciarsi gli occhi. Quante vol­te hai rivisto quel colpo di tacco?

«Due o tre volte su Youtube».



E nei tuoi pensieri?

«Tante, tante».



Eppure a Roma qualcuno non ha cre­duto in te.

«Questione di ambiente, non di addet­ti ai lavori. Se invece di essere cresciuto per cinque anni nel vivaio giallorosso fos­si arrivato da qualche paese esotico, sa­rebbe stato tutto più facile. Ma fa parte del gioco, soprattutto a Roma dove fai presto a ritrovarti in cima al Colosseo e altrettanto rapidamente ti fanno scende­re in cantina. A me interessa il giudizio di chi sa realmente cosa significa un tiro in porta o fare uno scatto di venti metri o un movimento a tagliare dentro l’area».

Hai lasciato una Roma in corsa e che corre. Dove può arrivare?

«Ovunque. L’Inter può perdere punti e noi (dice proprio così, noi, ndi.) siamo pronti ad approfittarne per lo scudetto, ma anche arrivare secondi sarebbe un mezzo miracolo dopo il deludente avvio di stagione. Anche Coppa Italia ed Euro­pa League sono alla portata. L’unico pro­blema è quello di mantenere la forma di questo periodo».

è sempre alle prese coi suoi ma­lanni al ginocchio.

«Francesco è il mio capitano, un gran­de giocatore ma soprattutto un ragazzo eccezionale, semplice, disponibile. Un fratello maggiore. Di lui esce troppo stes­so un’immagine stereotipata che non lo rappresenta in alcun modo. Spero recu­peri presto e bene».

La Roma gioca domani ad Atene

«In bocca al lupo alla squadra. L’ostaco­lo è importante, ma la Roma può passar­lo ».

A proposito, in teoria ci potrebbe esse­re anche una finale Roma-Fulham in Eu­ropa League.

«E per fortuna, si fa per dire, io non posso giocarla (avendo già presenze in giallorosso in questa edizione, ndi). Al­trimenti sai che tensione. Così me la ve­drei dalla tribuna e... che vinca il miglio­re ».

Con quel colpo di tacco al Siena quasi quasi avevi costretto Ranieri a ripensar­ci.

«No, era già tutto deciso, nessun ripen­samento e Ranieri mi ha detto che la scelta era quella giusta. Scelta che, ci tengo a chiarire, è stata in primo luogo mia. D’altronde anche il mister ha fatto una bella esperienza in Inghilterra e cre­do gli sia stata utile».

Dopo il buon debutto in Lussemburgo, Casiraghi ti ha richiamato nell’Under 21.

«Una convocazione che mi fa molto piacere. Tanto per tornare al discorso di prima, Casiraghi è stato un attaccante di grande livello, per me la sua stima è im­portantissima ».



Roma, Fulham, maglia azzurra della ‘21. Che stagione è per Okaka?

«Di costante crescita, in tutti i sensi. Sento che la strada è quella giusta e con­to di percorrerla bene e di arrivare lon­tano ».

Infortunato Paloschi, il 3 marzo a Rie­ti l’Under 21 potrebbe scendere in cam­po con una coppia d’attacco di formida­bile impatto. Balotelli-Okaka.

«Già, anche due neri. E con Ogbonna sarebbero tre. I tempi cambiano, l’Italia è sempre più multietnica e noi di secon­da e terza generazione siamo italiani ve­ri, mica oriundi».

Con Mario hai mai giocato?

«Mai, però lo conosco bene. Ha un ca­rattere un po’ fragile, ma è un bravo ra­gazzo e soprattutto un campione, nono­stante sia giovanissimo».