Totti, tendinite; Cagliari è lontana. "Ma voglio un altro scudetto qui"

03/01/2010 alle 11:43.

IL ROMANISTA (D.GIANNINI) - Totti a Cagliari? Facciamolo prima allenare, sono trenta giorni che è fermo». Magari un po’ meno, ma il senso delle parole di Claudio Ranieri dopo l’amichevole contro la Cisco è abbastanza chiaro: la presenza del capitano al Sant’Elia è quanto meno poco probabile.


«Giocherò ancora cinque anni, se non mi spacco. Ne ho 33, non sono né vecchio né finito. Voglio un altro scudetto qui». Fino a 38 anni o comunque fino a che si sentirà di farlo, perché Francesco ancora si diverte da matto a giocare a pallone. La cosa che gli dà più piacere? «Il lancio al volo con le spalle girate all’azione, immaginando il compagno senza vederlo. E il colpo di tacco». Giocate che pochi hanno, i fuoriclasse, come lui: «Lascio agli altri giudicare se sono un campione. Qualche numero c’è...». E chi sono i campioni? «Ronaldo, il più grande. Poi Zidane, , Kakà e Cristiano Ronaldo». Gli ultimi tre li ritroverà al Mondiale. «Deciderò ad aprile. Se Lippi mi chiama, se sto bene e se il gruppo mi vorrà ci vado. Credo che ai giovani farebbe piacere».


Fin qui il calcio, poi però Francesco si racconta a 360 gradi: la famiglia, la fede, gli amici, quelli veri. «So distinguere tra chi mi cerca perché sono e chi invece vuole semplicemente conoscere Francesco. Ho pochi amici veri in assoluto. Nell’ambiente,
, Buffon, Gattuso, Di Vaio, Vito Scala naturalmente. Ho un buon rapporto con Del Piero, nonstante la rivalità sportiva». E Cassano? «Non più. Abbiamo fatto pace ma non ci sentiamo più. Peccato, era un ragazzo d’oro». Dagli amici alla famiglia, la cosa più cara: «Voglio altri due figli. Ancora una coppia, un maschio e una femmina. Ho due paure, perdere la mia famiglia e morire. Io spero che ci sia qualcosa dopo la morte. Voglio fortemente un aldilà, con le stesse persone che sono con me adesso. Credo in Dio. Ho avuto molta fortuna, penso di doverla in parte, in gran parte, a qualcuno più grande di me. A dodici, tredici anni ero una mezza sega, un nanetto, mangiavo mangiavo e non mi irrobustivo mai, stavo sempre dai dottori, mi chiamavano Gnomo. Di colpo, sono cresciuto. Il destino, Dio credo. Sono stato chierichetto, prego ogni sera. Il Padre Nostro, l’Ave Maria».


Un che si fa serio, ma che non perde la sua solita voglia di scherzare: «Quanti libri ho letto? Uno solo. Il Piccolo Principe. Ero poco più che un bambino. Mi è piaciuto. Ogni tanto ci riprovo con qualcos’altro, mi metto lì, leggo le prime pagine, poi mi stanco. Forse non li so scegliere, i libri». E poi il caso Marrazzo e le voci messe in giro su un suo passaggio dalle parti di via Gradoli: «Lo so, ci mancava pure questa. Sono tranquillo, ci metto tutte due le mani sul fuoco. Mai stato con una trans, in passato con qualche mignotta forse sì. Può succedere, no?». La chiusura è di nuovo sul calcio, la sua passione, la Roma: «Sono felice di avere avuto una sola maglia. Ho vinto una scommessa con me stesso. Sono un istintivo, in campo faccio solo ciò che mi diverte. Sono un animale, non mi annoio mai». Neanche noi, di vederlo in campo. Magari anche a Cagliari.