Se la differenza la fanno i fenomeni

27/01/2010 alle 08:24.

IL TEMPO (T. CARMELLINI) - E va bene che Ranieri lasci la porta aperta per far uscire chi in questa Roma si sente un po' stretto (Motta e Baptista su tutti, ma perché no anche Menez), ma poi quando mancano i titolari, e in una stagione da sessanta partite è cosa alquanto possibile, avere una rosa corta può costar caro.

Impalpabile o quasi la differenza quando giochi contro Catania & Co., ma andando avanti le avversarie saranno sempre più toste su tutti i fronti. Senza attacco è dura, la buona Roma vista dalla cintola in giù lo ha dimostrato ieri sera sul prato amico dell'Olimpico: settantatre minuti per avere la meglio di questo Catania. Troppi.

E comunque è stata la riprova che Menez e Okaka (il meglio dei due e finalmente con dei capelli umani) non fanno in due nemmeno un quarto di uno tra , Vucinic o Toni. Il francese imbarazzante a tratti irritante, ha perso l'ennesima occasione per ritagliarsi un ruolo e dare un senso alla sua permanenza nella capitale: resta un sogno inespresso, un giocatore incompleto che non sa dare concretezza al dono naturale ricevuto per grazia divina.

Fa bene Ranieri a cambiarlo nella ripresa e metter dentro Cerci che almeno in quanto ha voglia può essere un esempio. Il giovane «colored» giallorosso invece fa tutto quasi bene, tranne tirare in porta: ci mette il fisico, prova a incidere ma gli manca sempre qualcosa per diventare l'uomo partita. Sbaglia l'impossibile prima di fare una delle poche cose giuste della serata: passarla a per il gol che spedisce la Roma in semifinale.

Finisce come una sfida tra scapoli e ammogliati con i giallorossi che non infieriscono su un Catania già stramazzato dalle scelte suicide di un Mihajlovic al quale interessa solo il campionato. Alla fine, comunque, ha di nuovo ragione Ranieri: avanti con il «minimo» sforzo ( e Pizarro non saranno d'accordo) aspettando chi tra Milan e Udinese dovranno contenderle un posto in finale: allora sarà tutta un'altra Roma.