Qualcosa da ricordare a chi contesta Totti

05/01/2010 alle 11:47.

IL ROMANISTA (S. PETRUCCI) - bastato poco. L’annuncio del nuovo stop di Francesco Totti, l’infiammazione al tendine del ginocchio destro che lo terrà lontano da Cagliari, ha subito ridato fiato al movimento dell’anti- tottismo, piccolo ma rumoroso. Sin dalle prime ore del mattino, il tam-tam delle radio private romane ha diffuso, tra un messaggio d’amore per Toni e un pronostico per il 2010, anche il singolare atteggiamento di quanti, pur di dichiarata fede giallorossa, considerano il capitano un problema e il suo nuovo contratto una scelta inspiegabile.

Incredibile ma vero, la critica pur minoritaria non scaturisce dal livore dei dirimpettai biancocelesti, del resto già troppo in sofferenza nell’elaborare il paragone suicida tra il simbolo della Roma, primo bomber italiano in attività (187 gol in 428 partite), e tal Mauro Matias Zàrate, 15 gol in 50.

No. L’anti-tottismo al quale ci riferiamo è proprio di radice romanista. Di quei romanisti dal dna masochista sempre tendenti alla sindrome-Tafazzi, pessimisti per natura e portati a smontare gli idoli di casa propria, quelli per intenderci per i quali Manfredini era uno scarpone, Pruzzo un culo di piombo, Agostino una tartaruga, Giannini un fighetta. Alzi la mano chi non ne ha mai incontrato almeno uno, chi non ci ha mai discusso, litigato, imprecato, allo stadio o al bar. Sono pochi, certo, rispetto alla grande massa. Ma ci sono. E sembrano sordi non solo alle repliche dei confratelli tifosi romanisti, ma anche ai pareri illustri espressi nelle ultime ore dentro e fuori Trigoria. "Al di là dell’aspetto storico e sentimentale - ha detto ad esempio Cristina Mazzoleni, la Tremonti del club, a "La Gazzetta dello Sport" - il contratto di ha importantissimi ritorni di immagine, di merchandising e di valorizzazione del marchio". "Nel 2006 - le ha fatto eco Marcello Lippi alla "Domenica Sportiva" - andai subito a trovare , dopo il grave infortunio subìto contro l’Empoli. Lo tranquillizzai: in Germania ti porto comunque. Sapevo che non avrebbe potuto essere al 100 per cento, ma sapevo anche quanto sarebbe stato decisivo: i suoi compagni lo apprezzavano troppo, si fidavano di lui ciecamente. Anche oggi rappresenta un valore aggiunto per qualsiasi squadra". Eppure c’è ancora chi scuote la testa: 4 milioni e passa per cinque stagioni a un giocatore di 33 anni sono troppi. Perché, se Dida prende la stessa cifra al Milan e se al Real uno come Raul, nove mesi meno di , guadagna da tempo il doppio? La risposta dei contestatori è secca: perché Milan e Real Madrid hanno più risorse della Roma. Ma è proprio qui il punto, come ha appena riaffermato la Mazzoleni: alla Roma garantisce incassi. Non è un costo, ma una risorsa. Che avrebbe potuto persino dilatarsi, in questi sedici anni di gestione Sensi, se qualcuno all’interno della struttura giallorossa fosse stato capace di cucirgli addosso un progetto serio di marketing, di trasformarlo in un’icona in grado di garantire i fatturati prodotti ad esempio da un Beckham, che non è certo superiore - in nulla - al nostro numero 10.

Già così, comunque, è del tutto evidente che l’ammontare del contratto di viene ampiamente coperto dall’indotto che Francesco muove, e non solo da oggi. Spesso senza pretendere in cambio un centesimo, altro che eccessivo attaccamento al denaro. Proviamo a rinfrescare la memoria ai suoi improvvidi contestatori.

Nel 2004, il sofferto anno della ricapitalizzazione, a pochi giorni dalla fuga della Nafta Mosca di Kerimov, fu proprio Francesco a prestare la sua immagine alla delicata campagna lanciata dai Sensi ("Aiutateci a continuare a vedere le stelle"). Non solo lo fece a titolo gratuito, ma accettò pure, contestualmente, di trasformare in azioni As Roma due mensilità e un premio non percepiti: in tutto 1,5 milioni di euro che, sommati ai 300 mila già versati per acquisire titoli al momento del collocamento in Borsa, fanno

ancora oggi di Francesco il terzo azionista della società. Qualche anno prima, per la precisione nel 1999, il capitano aveva fatto da testimonial - sempre a gratis - per il lancio della carta di credito AmEx intestata al club.

Ma siamo ancora alle quisquilie. Molto di più ha prodotto, e produce, sul piano delle sponsorizzazioni

(quelle a favore della Roma, non le sue personali): nel 2005, la Wind - che proprio in queste settimane deciderà se rinnovare o meno il suo ruolo di main sponsor giallorosso - scelse la Roma, che non a caso da allora ne sfoggia il marchio sulle maglie, proprio a seguito dei risultati ottenuti dalla concorrente Vodafone con le campagne tivù che hanno - tuttora - protagonista: 4,5 milioni all’anno, fino a giugno 2010. E attenzione, il ruolo di Francesco in questa faccenda non è un’illazione giornalistica: lo ha rivelato lo stesso titolare di Wind, l’egiziano Naguib Sawiris, in un’intervista rilasciata nel 2006 al Financial Times.

Non basta. La scena si è ripetuta nel 2007, alla scadenza del contratto con la Diadora, fornitore dei materiali

sportivi. La prima offerta arrivò a Trigoria dalla Legea. Ma l’azienda di Pompei venne presto scavalcata dalla Robe di Kappa: 3,5 milioni a stagione, per tre anni, la proposta dell’industria torinese. Già non era poco. Ma appena circolò la notizia che la Diadora, sponsor personale del capitano, fosse pronta a rilanciare per rinnovare l’accordo con la Roma, come d’incanto Robe di Kappa alzò la posta di oltre un milione: totale 4 milioni e 750 mila euro, 14 e passa milioni in tre anni.

Finita? Macché. Il business- si allarga al settore televisivo dove i contratti in essere (con Sky e Mediaset) prevedono la garanzia da parte del club del suo mantenimento in organico, e a quello più prettamente sportivo: una tournée della Roma all’estero ha valore 10 se vi partecipa , meno di 5 se il capitano resta a casa. Un esempio? Per l’amichevole disputata a Bucarest contro la Steaua a fine luglio 2008, sotto la regia dei Becali Brothers, l’ingaggio stabilito fu di 500 mila euro; ma solo a fronte della certezza che fosse presente. E infatti Francesco, pure in netto ritardo di condizione, partecipò alla trasferta in Romania.

Resterebbero poi, per tacere delle mille iniziative benefiche che si riflettono positivamente sull’immagine della stessa Roma, altri dettagli, fotografati nitidamente dalla recente operazione-Toni: chi non ha quattrini in cassa, ma in squadra, può contare sul carisma del capitano anche in sede di mercato. Giocare al fianco di è per molti (Toni oggi, decine di altri calciatori in questi anni) un richiamo professionale pari a un ingaggio da nababbo.

Basta? Forse no. Ma a questo punto alziamo le braccia. La realtà dice, ben al di là dei punti di vista, che "è" la Roma. Specie questa Roma costretta all’autogestione (peraltro monca: andrebbero implementati e diversificati i ricavi, non si può vivere solo di qualificazioni- e di diritti-tivù), con il suo vertice avviluppato nei luoghi comuni di sempre (il progetto stadio, il progetto giovani, la gestione virtuosa...) quanto inchiodato nei fatti al tirare a campare. è la salvezza, l’unica prospettiva credibile, l’ombrello di mille guai. In campo e fuori. Altro che prestiti e parametri zero. Chi ancora non lo capisce, peggio per lui.