
IL ROMANISTA (F. BOVAIO) - Un uomo, due città. La sua Genova e Roma. Vicino alla prima, nel paesino di Crocefieschi, è nato e ha conosciuto il grande calcio; nella seconda si è consacrato diventando per tutti unaltra persona: non più Roberto O Rey di Crocefieschi Pruzzo, come lo avevano chiamato fino ad allora, ma semplicemente il bomber, come lo chiamano tutti ancora oggi. Un nomignolo meritato in virtù dei tantissimi gol segnati in maglia giallorossa grazie ai quali è stato tre volte capocannoniere del nostro campionato.
Il bomber brontolava e segnava, viveva la sua vita da attaccante darea di rigore prendendosi le lodi dei moltissimi che lo amavano e i rimbrotti dei pochissimi che lo vedevano come un peso morto, soprattutto se paragonato ai centravanti di manovra che cominciavano a prendere il posto degli attaccanti più fisici in quel calcio
a cavallo tra gli anni 70 e 80 in cui agiva.
Per costoro Paolo Rossi e Giordano erano le nuove leve, mentre Pruzzo sembrava un residuo del passato. Ma poi, quando gli capitava il pallone in area di rigore, non cera stopper o libero che lo teneva: lui arrivava per primo e lo buttava alle spalle del portiere avversario. Soprattutto di testa, che era la sua specialità. A quel punto i pochi che lo criticavano non avevano più armi dialettiche e gioivano insieme al resto dello stadio. Perché Pruzzo era Pruzzo e basta. Il più forte centravanti della storia della Roma. Senza se e senza ma. E chi, come noi, ha avuto la fortuna di vederlo giocare non se lo è più dimenticato.
Tanto che durante la recente partita contro il Chievo lo abbiamo quasi rivisto in quel Toni che combatteva da solo contro tutti i difensori veronesi proprio come faceva lui ai suoi tempi. O come gli avrebbe chiesto di fare mastro Liedholm nella stessa, identica, situazione tattica. Un uomo capace di fare reparto da solo. Quanto tempo era che mancava un giocatore così alla Roma, là davanti! Un attaccante di quelli che fanno innamorare tutti. Vedrete, sarà così anche con Toni, proprio come fu per noi, romanisti quarantenni di oggi, con Pruzzo, del quale era ed è tuttora un sostenitore accanito anche il famoso regista Fausto Brizzi, che nel 2006, in Notte prima degli esami, oggi, sequel del fortunato Notte prima degli esami, in una scena inserì il suo omaggio al bomber, il cui nome, fatalità, viene accostato proprio a quello di Toni, oggi suo erede in maglia giallorossa.
Il protagonista Luca, interpretato da Vaporidis, porta a cena fuori lamata Azzurra proprio durante Italia-Ucraina dei Mondiali di Germania 2006 fingendo di non interessarsi di calcio. Le urla della gente, però, stimolano la sua curiosità e con la scusa di controllare la macchina esce dal ristorante per sapere cosa è successo. In quel momento una signora si affaccia al balcone e concitata gli racconta: Allora Toni ha preso la palla in tuffo de testa come faceva Pruzzo negli anni 80. Te lo ricordi Pruzzo?.
Lui, molto più giovane di lei, ovviamente le risponde di no e quella, sconsolata, se lo guarda ed esclama: Giovani senza valori. Te lo dovresti ricorda. Perché se cera Pruzzo a sti ucraini gliene facevamo sette, gliene facevamo. Ecco, questo era Pruzzo: luomo delle reti sicure. Quello che ti puniva appena ti distraevi e chi se ne fregava se in campo non correva. Lui doveva fare i gol, mica il maratoneta! E di gol ne fece tanti: di belli e impossibili come la rovesciata a Torino nel 2-2 contro la Juve, oppure importantissimi, come il 2-2 della salvezza contro lAtalanta allOlimpico nel 1979 sul quale si fondò la rinascita dellanno dopo con Viola. E ancora: la cinquina allAvellino (da lui stesso commentata dicendoci che forse sarebbe stato meglio se qualcuno di quei gol se lo fosse tenuto per la partita poi persa col Lecce); la rete di testa alla Fiorentina su assist di tacco di Falcao; quella purtroppo inutile, ma bellissima, nella finale col Liverpool (mannaggia a quella colica che gli impedì di calciare i rigori); la splendida rete alla Lazio sotto la Sud nel derby dellottobre 83 e quella altrettanto bella nel 2-2 di Firenze del campionato dello scudetto.
Oltre ai gol, poi, di Pruzzo vogliamo ricordare le esultanze: bellissime, spontanee, mai costruite o progettate a tavolino. Eppure fu il primo a togliersi la maglia sotto la Sud dopo un gol alla Juve per sventolarla come una bandiera diventando il capostipite delle esultanze moderne. Beh, riguardatevelo dopo un gol: forse il suo
correre sotto la curva con i pugni chiusi caricava i tifosi ancora di più della stessa rete che aveva appena
segnato. Era trascinante e coinvolgente come pochi altri. Lui, luomo delle due città, al quale la sorte ha riservato il privilegio di segnare il gol-scudetto proprio nello stadio (Marassi) e alla squadra (il Genoa, nostra avversaria domenica allOlimpico) in cui era cresciuto e con cui si era affermato segnando la sua prima rete in A. Indovinate a chi? Alla Roma, ovviamente, alla quale ha fatto anche lultima nello spareggio-Uefa di Perugia con la Fiorentina. A volte il destino è veramente beffardo!