Nappi: Roma, sei il mio rimpianto

16/01/2010 alle 09:54.

CORSPORT - Roma, Pineta Sacchetti, metà Anni ’70. Quando suonava la campanel­la di scuola le cose da fare erano tre: tornare a casa, buttare la cartella per aria e andare a giocare a pallone in stra­da. C’era un ragazzino biondo, piccoli­no, era il più forte di tutti anche quan­do si gridava “macchina” e la partita s’interrompeva. Marco Nappi, meglio conosciuto co­me Nippo Nappi dai seguaci della Gia­lappa’s, è cresciuto così, in maniera semplice, ogni domenica l’appunta­mento fisso era in curva Sud con gli amici. Ancora oggi il suo idolo è Bruno Conti, «uno vero, per imitarlo anche io mi mettevo i parastinchi sopra i calzi­ni ». Eppure la prima grande opportuni­tà arriva dal settore giovanile bianco­celeste dove passa quattro anni



La rivincita Marco Nappi se l’è pre­sa con gli interessi: ha girato mezza Ita­lia, attaccante in serie A come Marado­na e Gullit, la finale di Coppa Uefa a Fi­renze, la vittoria del campionato di B col . Ovunque è andato ha lascia­to un buon ricordo, «
perché davo sem­pre il massimo in campo e in allena­mento anche se sbagliavo qualche gol di troppo».



Nel capoluogo ligure ha piantato la bandiera giallorossa, ha sposato Tiziana ed è padre di due ragazze: Federica di 18 anni e Benedetta di 11, atleta di gin­nastica ritmica. A Genova dirige una scuola calcio, l’Asd Figenpa, che conta oltre 120 ragazzi, «anche quelli più pic­colini, perché una seconda opportunità va data a tutti».

Domani è in programma Roma-Ge­noa, il cuore di Nappi è diviso a metà.

«Due grandi squadre con due grandi at­taccanti, Toni e Suazo. La Roma è favo­rita, gioca in casa e poi ha finalmente trovato un giocatore come Toni che può fare reparto da solo e tiene su la squa­dra. Ma il ha acquistato Suazo, uno che può mettere in difficoltà qual­siasi difesa, Ranieri chiederà ai suoi la massima concentrazione per non dare profondità alla manovra rossoblù. An­che se tifo Roma da sempre questa vol­ta non mi schiero, vinca il migliore».

Nappi è diventato famoso per il gesto della foca, nella semifinale di Uefa con­tro il Werder Brema ha palleggiato di testa percorrendo quasi metà campo. Un gesto istintivo, diventato il simbolo della sua scuola calcio. Lui, ragazzo del­la Sud, però non ha mai avuto la possi­bilità di indossare la maglia della Ro­ma.

«E l’unico rammarico della mia carriera, ma ci ho giocato contro tante volte, quando entravo all’Olimpico mi tremavano sempre le gambe. Per me è un posto speciale, anche perché ho co­nosciuto dal vivo il presidente Viola».

Non era un bomber, ha segnato poco, ma i suoi gol erano sempre speciali: nel 1993 in Coppa Italia ha bucato Cervone due volte, con l’Udinese ha segnato al volo da oltre trenta metri, nel derby del­la Lanterna un’altra doppietta. Anche per questo rimarrà sempre un idolo senza tempo.