CORSERA - Claudio Ranieri (classe 1951) e il suo staff Christian Damiano, allenatore in seconda, 1950; Giorgio Pellizzaro, preparatore dei portieri, 1947; Riccardo Capanna, preparatore atletico, 1946 e il «pupo» Paolo Benetti, collaboratore tecnico, 1965 il 2 settembre si presentarono a Trigoria per la loro prima conferenza stampa e a un uditore sfuggì la battutaccia: «È arrivata Villa Arzilla». Non è solo il calcio, ma la società tutta, ad aver perso il rispetto delletà e dellesperienza, in cambio della cultura del culturismo. Lo iato tra la nuova gestione di Ranieri e quella vecchia di Spalletti non poteva essere più visibile. ..
Ranieri pare il vecchio Clint Eastwood, quello ancora tosto ma rugoso di «Gran Torino». Spalletti era tutto un guizzar di muscoli, un Vin Diesel accompagnato da un fido pard, anche lui formato armadio: Daniele Baldini. Ma la Roma dei metri e dei muscoli, dopo tre anni fantastici e uno pieno di problemi, è saltata per aria dopo due giornate di campionato: 2-3 contro il Genoa e 1-3 contro la Juve. Le dimissioni di Spalletti arrivarono con tre mesi di ritardo, non solo per colpa sua.
Lì è nata la nuova Roma, quella che adesso è al terzo posto e che ha messo insieme quindici risultati utili consecutivi tra campionato e coppe. Ed è nata su punti chiarissimi:
1) nuovi rapporti dello staff con i giocatori. Non è un mistero che tra Spalletti e molti calciatori importanti, Totti in testa, il feeling era andato perduto. Il gruppo di lavoro di Ranieri è ripartito da zero, senza figli e figliastri, trovando subito il modo di entrare in sintonia. Ranieri era caricato a pallettoni dal ritorno a Roma e alla Roma. I suoi più stretti collaboratori definiscono così la differenza tra Juve e Roma: là cera più organizzazione, qui un rapporto umano infinitamente migliore. Non è un caso che, sabato sera, Roberto Bettega abbia ricamato velenoso sulla critica di Ranieri allo stile Juve perduto e trasformato in ostile Juve. Adieu. Adios. Addio.
2) Allenamenti meno fisici. Il gioco di Spalletti richiedeva un calcio a cento allora e non era più proponibile con giocatori usurati da anni di corse. Ranieri gioca un calcio meno scintillante, ma più logico.
3) Una frase simbolo: «Prima conoscete me, che sono uno solo; poi io conoscerò voi, che siete tanti». Linteresse della Roma deve venire prima del singolo e solo lallenatore ne può essere la sintesi.
4) Più attenzione alla fase difensiva perché, sempre dal vangelo secondo Ranieri, «con lattacco che abbiamo, un gol prima o poi lo segniamo sempre». E la Roma ha drasticamente diminuito il numero di gol subìti: 3 nelle ultime 7 partite.
5) Maggiore flessibilità tattica. La Roma di Spalletti giocava solo con il 4-2-3-1. Quella di Ranieri gioca anche con il 4-2-3-1. Ma pure con il 4-4-2 nelle due versioni: centrocampo a rombo e in linea.
6) Larrivo di un uomo di sport come Gian Paolo Montali nel ruolo di «ottimizzatore delle risorse». Allinizio lincarico fece sorridere, ora hanno capito tutti quanto Montali sia diventato importante. Quasi come Totti.
7) Canale preferenziale con i «grandi vecchi» dello spogliatoio, ma pari opportunità per tutti. In Europa League Ranieri ha lanciato e mandato in gol il centravanti della Primavera, Scardina.
8) Idee chiare sul mercato. Dopo anni senza un centravanti darea è arrivato Luca Toni (oggi notizie più precise sullinfortunio al polpaccio; si teme uno stop di 30-40 giorni, ndr). Più bastone che carota per il talentino Ménez. Porte aperte per gli scontenti. Marco Motta è destinato al Manchester City, Cicinho chissà.