IL ROMANISTA (G. DOTTO) - Tratto dal verbale della clinica Don Quijote, reparto Insania Mentis. Esattamente cinquecento anni dopo, Donieber Alexander Marangon, di professione portiere della Roma calcio, sceglieva una gelida notte dinverno, uno stadio Olimpico semideserto, settemila ignari e congelati testimoni, e una dimenticabile partita con la Triestina per rendere il suo originale tributo a Erasmo da Rotterdam e al suo Elogio della follia.
Due giorni prima, stesso set, il soggetto in questione si era esibito dopo appena dieci minuti in unuscita manesca e temeraria fuori dallarea.
Per questo, cacciato dallarbitro e fischiato dai suoi stessi tifosi. Era al suo rientro dopo lunga e sofferta quarantena. 55 ore e pochi minuti dopo, il suddetto Doni replicava il gesto, spingendosi questa volta fino a quasi
metà campo, aggiungendo alla bravata uno spericolato dribbling che metteva a repentaglio le coronarie del sessantenne Claudio Ranieri, allenatore della squadra. La stessa dissennata urgenza lo aveva spinto più di quattro anni prima a versare 18 mila euro di tasca propria per conquistarsi la libertà di venire a Roma.
Il quadro clinico è chiaro: siamo al cospetto di una follia recidiva e irreversibile. Siamo anzi allessenza stessa della follia. Il non saper collocare tra sé e i propri slanci una qualunque forma di censura, ma nemmeno lopacità paralizzante del ricordo. Il non saper tradurre lesperienza dolorosa in lezione e dunque in struttura.
Doni aveva tutto linteresse a starsene quatto tra i pali, come fa del resto il suo ben più savio collega rivale Julio Sergio, lasciando ai suoi compagni la gogna dellerrore e delle sue conseguenze. Facile prevedere che, nella sua follia sottratta al calcolo, questo ragazzo dalla vocazione suicida andrà incontro a imprese e incidenti di ogni tipo. Per le prime sarà ignorato, per le seconde insultato. Conclusione. Doni, un soggetto tutto da amare.