È la sfida tra Herrera e Scopigno. Vince il filosofo tra le polemiche

05/01/2010 alle 12:20.

IL ROMANISTA (M. IZZI) - n un’intervista rilasciata nei primi anni novanta, Manlio Scopigno, allenatore del Cagliari dello scudetto e per un breve periodo anche della Roma (fu lui a volere la promozione di Bruno Conti in prima squadra), ebbe modo di dire: «Oggi sono un uomo che passeggia solo, anonimo per le strade di Roma.

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meritava allora di essere strappato all’anonimato e

oggi dall’oblio. Certamente lo Scopigno che il pubblico

romano ha avuto modo di conoscere nella stagione

73/74
era un uomo che affrontava una stagione particolare

della propria vita e che appariva demotivato, quasi spento. Dopo sole sei partite, la sua posizione divenne insostenibile e subito dopo la sconfitta con il Foggia rassegnò le proprie dimissioni. La scintilla tra lui e la capitale non era scattata, nonostante alcune intuizioni (oltre a Bruno Conti Scopigno aveva compreso

il grande valore di Agostino Di Bartolomei che volle con sé al Vicenza). Ma nella breve parentesi nella Roma, nonostante l’assenza di risultati (certamente non un particolare nel mondo del calcio), nessuno, a partire dal presidente Anzalone, poté fare a meno di riconoscere il suo spessore umano.

Per questo il Cagliari–Roma posto sotto il nostro obiettivo risale al torneo 69/70, che vide il trionfo finale della squadra sarda. Il 9 novembre la Roma, che tre giorni più tardi avrebbe dovuto affrontare il PSV Eindhoven negli ottavi di finale della Coppa delle Coppe, fa visita alla squadra rossoblu. La sfida fra Cagliari e Roma, in quei giorni, era anche la sfida tra Helenio Herrera (un irriducibile narciso da cui anche Mourinho potrebbe prendere ripetizioni) e Scopigno. Da una parte, dunque, c’era un modo nevrotico, ossessivo e feroce d’intendere il football che al suo meglio aveva aiutato a forgiare la grande Inter. Il “Mago” Herrera, ovvero l’allenatore che tappezzava le mura degli spogliatoi con frasi quali: “Tutti dobbiamo avere un’ambizione nella vita: la tua è il titolo”; “Classe, intelligenza, preparazione atletica = titolo”; “Il football non dà nulla a chi non dà tutto”; “Lottare o giocare? Lottare e giocare!”. Dall’altra il “filosofo” Scopigno, un esistenzialista capace di lasciare a bocca aperta i suoi interlocutori che si ostinano a porgergli domande da “bravo reporter”:

«Mister è vero che il Cagliari ha un buon vivaio?». Scopigno: «Sì, di ostriche»… e ancora: «Mister quale squadra le piacerebbe allenare?». Scopigno: «L’Inter, visto che il loro campo d’allenamento ha le camere

che danno sul terreno di gioco. Lì potrei comodamente dirigere i ragazzi dalla camera»
.

Con queste premesse si può capire perché il “Mago” non avesse nessuna intenzione di uscire con le ossa

rotte dalla trasferta di Cagliari, anche se la gara partiva decisamente in salita vista l’assenza di Fabio Capello,

vera mente di quella Roma. Nonostante la supremazia dei padroni di casa, però, i motivi di rimpianto per la Lupa sono più d’uno. Al 20’ del primo tempo, ad esempio, Cappellini entra in area di rigore presentandosi

davanti ad Albertosi. Prima che possa battere a rete, però, Zignoli e Niccolai lo falciano impietosamente.

Come impietosamente rimane muto il fischietto del direttore di gara Francescon, scatenando

l’ira di Herrera, che balza dalla panchina alzando platealmente le braccia al cielo in segno di protesta. Il Cagliari, da parte sua, segna con Nenè al 38’ del primo tempo (un tiro cross che rimbalzando in maniera balorda spiazza Ginulfi), colpisce 4 pali (due di Riva, e uno a testa di Gori e Domenghini) e impegna severamente uno strepitoso Ginulfi che in una dozzina di occasioni evita la capitolazione della rete romanista.

Riva, però, nonostante i due legni colpiti non è al meglio, febbricitante è stato spedito in campo imbottito di antibiotici e non riesce a sferrare il colpo di grazia. Al 23’ della ripresa, l’uomo in nero torna a colpire.

Peirò fugge sul fondo mette al centro e Landini brucia Albertosi. Il pareggio però non viene omologato, visto che la bandierina del guardalinee segnala che Peirò ha effettuato il traversone quando la palla aveva già varcato la linea di fondo. Gli episodi a sfavore lasciano l’amaro in bocca alla pattuglia capitolina e ai tifosi al seguito, tra i quali Renato Rascel, che al novantesimo scenderà negli spogliatoi per condividere con la squadra gli umori del dopopartita. Renatino dichiarerà: «Certo, se la Roma avesse segnato forse…comunque avete visto Ginulfi? Per lui mi sembra arrivato il momento di una convocazione in nazionale».

Nel mare di polemiche, come al solito, si distingue Scopigno, che ai taccuini dei giornalisti romani che gli chiedono di commentare il calcio di rigore non concesso ai giallorossi, risponde rispettando in pieno il suo stile paradossale, che da tifosi non avremmo perdonato a nessuno, ma che venendo dal “filosofo” ci sembra quasi l’unica risposta possibile: «Beh, ma quattro pali valgono un rigore e mezzo, no?».