Dal 5-0 di Testaccio all’era Viola una rivalità cresciuta negli anni

23/01/2010 alle 12:04.

CORSPORT (L. CASCIOLI) - Si fa fatica a crederlo, ma la rivalità tra la Ro­ma e la Juve prese corpo ancor prima che la Roma nascesse. I grandi duelli hanno sem­pre aiutato lo sport a crescere. E si aggiunga che la rivalità, nell’Italia municipale e ricca di storie regionali, è quasi sempre una forma di difesa delle tradi­zioni e di orgoglio:

Ma torniamo al paradosso iniziale. La Roma non era anco­ra nata quando la cer­cò di rubarle il suo capitano, o meglio, il giocatore che sarebbe diventato il suo capitano. Stiamo parlando di Attilio Ferraris IV, che giocava nella Fortitudo insieme ai tre fratelli più grandi: Paolo, Gino e Fausto. Erano tutti figli di un piemontese che si era trasferito a Roma e che si guadagnava da vivere ripa­rando le bambole in un negozietto di Borgo Pio.

Attilio stava facendo parlare di sé e la sua fa­ma di giovane campione era giunta sino a To­rino. La incaricò allora un avvocato piemontese, che aveva studio a Roma, di trat­tarne l’acquisto con il padre del giocatore, pro­prietario del cartellino, offren­dogli 20.000 lire. Ma la risposta negativa fu lapidaria: «Dite a quei signori di Torino che non vendo mio figlio».

La Roma nacque due anni do­po questo episodio e subito si propose come la rivale più ag­guerrita della . Nel campionato che vide i bianconeri vincere il pri­mo degli storici cinque scudetti, la Roma arri­vò seconda, ma con la doppia aureola di aver realizzato 8 gol più dei campioni, avendone su­biti 6 meno. Non solo, ma durante quel serrato duello durato tutta una stagione, la Roma, il 15 marzo del 1931, riuscì a battere i bianconeri con uno squillante 5-0 con gol di Lombardo, Volk, Fasanelli e una doppietta di Bernardini. Il risultato fece breccia nella fantasia popola­re e contribuì a consacrare la leggenda di Te­staccio. Angelo Musco ci fece anche un film, chiamando a interpretarlo, insieme al celebre Mario Bonnard, anche tre giocatori della Ro­ma: Chini, Ferraris IV e Volk.

Per ritrovare una certa frizione tra Roma e bisogna fare un salto di trent'anni, all'estate 1963, anno della cessione di Meni­chelli. Fu l'ex ct azzurro Vittorio Pozzo, che cu­rava i resoconti per «La Stampa» a convincere i dirigenti bianconeri. Pozzo era un estimatore della giovane ala della Roma, nel cui «gancio» a rientrare aveva riconosciuto lo stile di «Mu­mo » Orsi. Ma la separazione, dolorosa, non fu conflittuale. Diverso invece quello che accad­de sette anni dopo, quando Alvaro Marchini venne abilmente raggirato da Italo Allodi, che in un primo tempo aveva addirittura accettato di lavorare per la Roma, ricevendo un assegno di cento milioni. Pochi giorni dopo rinunciò al­l'incarico e stracciò l'assegno, proponendo a Marchini «l’affare»: la avrebbe ceduto al­la Roma lo spagnolo Del Sol, il talentuoso Vie­ri , il centravanti Zigoni, e il di­fensore Viganò, con l’aggiunta di un pugno di milioni, in cam­bio di Capello, Spinosi e Landi­ni. Marchini, che in quel mo­mento aveva interessi in ballo con la Fiat, si lasciò tentare. Fu così che Capello e Spinosi porta­rono in alto la , mentre il vecchio Del Sol, il litigioso Zigo­ni e il malaticcio Vieri, furono una delusione.

Con la presidenza di Dino Viola la conflittua­lità con la diventò esasperata. Non solo perché la Roma, crescendo di statura, si ripropose come rivale dei bianconeri, ma per una serie di episodi ricchi di ombre e di veleni.

C'è il caso del gol di Turone, che avrebbe dato lo scudetto alla Roma e che venne annullato da Bergamo. E’ il caso dei calci sferrati a Viola nella tribuna... d’onore di Torino. E’ il caso di Boniek: la lo portò via alla Roma sotto il naso e Viola, anni dopo, riuscì a farlo suo per ripicca e per dare seguito a una promessa fatta al giocatore. E’ il caso della famo­sa faccenda dei «centimetri» per una punizione di Platini che dette la vittoria alla . Era l'anno del secondo scudetto giallorosso e il caso scandalizzò lo stesso Presidente Pertini, che il giorno dopo dettò all’Ansa un monito molto severo alla trasparenza del calcio. Fatto sta che la Roma andò subito a vincere a Pisa e la pole­mica si sgonfiò. Ma per questi e altri episodi la rivalità è ormai diventata storica. Non ci vuol niente a riproporla. A volte basta un... Capello, come è accaduto l’ultima volta.