Coraggio Mister si può osare

21/01/2010 alle 09:14.

IL ROMANISTA (F. STINCHELLI) - E parliamo di tridente, anche noi, visto che è l’argomento di moda. Guai, di questi tempi, per chi incautamente si sottrae alla dispotica legge del ‘present trend’. A scanso dei medesimi, eccoci qui, obbedienti, col tridente in mano. A dire il vero, il tridente a me più familiare è quello caro a tutti i romaneschi: da piazza del Popolo, Ripetta sulla destra, il Babuino a sinistra, col Corso in mezzo. Ma per saperne di più, di com’è visto quello calcistico (Vucinic-Toni-Totti), ci affrettiamo a porgere orecchio al cuore della Città, ad ascoltare la sua voce più autentica e perentoria, quella del popolo. Giusto, la vox populi: come se fosse facile andare a rintracciarla, oggi, dopo il sacco barbarico perpetrato a suo danno dagli esangui zelatori del linguaggetto televisivo imperante… Comunque ci ..



Strilla Ughetto al banco delle verdure:”Ma nun vedi, prof, che facioletti che ciò…ahò, nun vengheno mica dar Cile, questi, so’ vignaroli, ‘nzucchero, li pijjeno ar Monte… a proposito, a Torino annamo a menajje (pausa, per un dubbio che l’assale)… lassù, quelli ‘nze vergogneno mica a rijocacce cor golletto annullato a Turone”. “Nun c’è più trippa pe’ ggatti”, gli fa eco Sabrina, la mogliera, affondando le mani nello zinale, a caccia di resti. Al bar si sdottoreggia, soprattutto a iniziativa dei perdigiorno in spe (servizio permanente effettivo:” Eh, Ranieri dovrà rinunciare al prediletto 4-4-2. Questa volta deve osare: avanti col tridente, affondiamo la Signora”. Sulla nostra ‘multipla’ preferita, Roberto Cesaroni, romano di settantasette generazioni, non nutre dubbi: la va affrontata senza timori preferenziali:”Loro so’ a pezzi. Ferrara resta in panchina pe’ scommessa… ma, guardatelo in faccia, è un passeretto spaurito. Diego, er mejjo, gira per il campo come un profugo. Il presidente, quel seccardino là, ma come se chiama, ah, sì, Blanche…, be’, quello continua ad aspettare Lippi. Ahò, ma de qui a settembre, c’è tutto il tempo per loro, di tornare, svelti svelti, in serie B. Insomma, io sono per

i tre cannoni spianati davanti
”.

Eh, sì, è proprio un coro. Il cuore di Roma giallorosa batte l’ora della spedizione punitiva, ma soprattutto ardimentosa. Un camerata un po’ ossificato dagli anni, sempre al bar in faccia a Giordano Bruno:”I lupi non dimentichino il motto nostro dannunziano di sempre:  MAS. Che vuol dire: memento audere sempre”. “Eh, ggià - l’appoggia, con aria saputa, la tettuta portiera Sabrina, col caffè al vetro in mano - , ciavémo da prova’ mo’…e quanno sennò? Ch’aspettamo, la carrozza?”. Capita l’antifona?



L’inclita (plebe), alla vigilia, se la sente giusta capisce che è il momento di provarci, mirando il più alto possibile. Il maggiore Alighiero Scossetta, artigliere ultraottantenne ‘à la retraite’, anche lui non si lascia tentare dalla serpe del dubbio:”Niente alzozero, tiro parabolico sull’Olimpico torinese: li sfondiamo coi tre

obici in batteria
”. I pareri sono concordi. Strano, perché si tratta della , che tradizionalmente, ai romanisti, ha sempre imposto un certo rispetto. Ma non in questa vigilia, come spiega l’insegnante di sostegno Samanta Greccio, còlta al terzo cappuccino della mattinata:” Mi perdoni, sa, ma la si batte evitando innanzitutto di darle vantaggi. La attuale, inguaiata com’è, fa grande affidamento sul timore che ancora riesce a incutere. Bisogna affrontarla, dunque, senza timori reverenziali. Ma Ranieri sa cosa fare…eh,

lui li conosce bene i bianconeri, sa come fargli pelo e contropelo
”. Giggi Gattoni, acculturato tappezziere romanista di Panìco, anche lui nutre assolute certezze:”Che dice il proverbio? Se sei incudine statti, se sei martello batti. E allora? Battere, dobbiamo. Del resto, non è lui, Ranieri, ad autoproclamarsi Claudio

Martello? Amici miei, l’altro Martello, il Carlo figlio di Pipino da cui mutua il nomignolo, al momento di picchiare

picchiava. Ne sanno qualcosa i Sassoni, i Frisoni e gli Alemanni. E soprattutto gli Arabi della battaglia di Poitiers
”.



Confortati dal prolungato ascolto del cuore cittadino e incantati dalla prospettiva di ‘toucher’ la Roma scudettata a 50 contro uno, ci avventuriamo a dire la nostra. Che per altro avevo (basta col plurale della convenzione e non della maestà!) ben chiara in mente da tempo. Da quanto tempo? Dal giorno (non remoto)  in cui mi sono convinto che la Lupa restaurata e rigenerata dal Maestro Testaccino può puntare allo scudetto: più in alto miriamo più in alto arriviamo. Se c’è un momento in cui questa Roma affatata può battere tutti e  tutto, questo momento è il presente. Sapete l’onda portante che còlta al tempo giusto eccetera, in cui credeva Shakespeare?

Be’, i giallorossi guidati da Ranieri la stanno cavalcando proficuamente da un paio di mesi. E non c’è in vista forza alcuna capace di buttarli giù dalla sella. Se non tremano, i lupi possono vincerle tutte, le partite, di qui a giugno. Voglio esser franco, a me, tutte le scaramantiche cautele che vedo spuntare qua e là, anche presso agguerriti commentatori, mi fanno ridere. A Torino si va per vincere. E se il diavolo (arbitro) non ci mette la coda, si batte la . Col tridente? Col tridente, che somiglia a quello del Tritone. Col guizzante Vucinic (impossibile rinunciarci, nell’attuale stato di forma), col magico , col panzer Toni. Si deve andar là facendo la faccia feroce. Li si deve annichilire nel loro stesso nido. ‘Ne timeas, Caesarem vehis Caesarisque fortunam’, come diceva quel tale nostro parente, ben conscio della sua vena.