Checco, il Goya e quel sorriso

26/01/2010 alle 08:49.

IL ROMANISTA (F. STINCHELLI) - Vi rimando tutti (non so quanti siate, spero sempre di più) alla gran foto di prima del

Ed è questo: "Il Romanista" è un giornale speciale, nel bene e nel male, un giornale da capire prim’ancora di leggerlo. Anzi, è inutile che lo leggiate se non l’avete in precedenza ben guardato: osservato, spiato, inteso. Sì, perché, lungi dall’essere un foglio di parole, è un tessuto, un’invenzione d’immagini, quindi d’idee.

Perciò, avanti d’immergervi nelle menate che un po’ tutti, in maggiore o minor misura, vi propiniamo, fate caso alle foto. Quelle dicono tutto e di più. Torniamo, dunque, alla foto di prima pagina per la vittoria sulla . Chiunque l’abbia scelta (io lo so, ma non svelo l’arcano), era ispirato da Goya, quello della ritrattistica di corte, con le facce dei personaggi che dicono tutto. Nella nostra compaiono, al posto dei sovrani di Spagna, Francesco e Claudio Ranieri.

E’ il momento in cui il viene inopinatamente chiamato in campo a prendere il posto dell’infortunato Toni. E’ il momento in cui , toltesi in fretta le ciabatte, si accinge a gettarsi nella mischia, così com’è, senza previa preparazione, senza riscaldamento alcuno. E’ il momento in cui tutti i romanisti, quelli al gelo dell’Olimpico torinese come quelli al caldo delle dimore, se la fanno addosso, sacramentando: ammazza che jella!, manco entra l’ariete, il sellerone imprestato, il bomber a caccia di riscatto, che se rompe...e mo’ che famo? Un pareggio basterebbe, sì, è ’na

parola.

Da che mondo è mondo, riconosciàmolo, i Lupi, a Torino, contro la Zebra, se la sono sempre fatta sotto. Eh, diàmine, sette vittorie in novant’anni sono pochine assai. Poi, dopo certi episodi, certe carognate, divenne follia sperar. Ma torniamo alla foto, a Francesco, a Claudio. Guardàteli. guardiàmoli in viso. Che fanno? Ridono: ride , sereno e disteso. Infilandosi i guanti; ride Ranieri, lievemente più contratto (eh, non è mica lui a doversela vedere con l’oste), ma ride comunque.

 

Ridete... che mamma ha fatto gli gnocchi? No, niente gnocchi, mica è giovedì, è sabato e c’è la trippa, trippa di zebra. E’ che i due sanno, mentre noi, fuori, non sappiamo. Loro sanno che la Fortuna ha già deciso. Noi, non addetti ai sublimi favori, inaccetti in Olimpo, sappiamo poco e niente. Gli è, amici cari, che dobbiamo alla divina provvidenza (Fortuna) se un bel giorno Claudio Ranieri è approdato a Trigoria.

 

Un lungo percorso, il suo, a volte un calvario, prescritto dal destino, deciso giustappunto dalla Fortuna. Un incontro segnato dal fato. Quante parole: provvidenza, destino, caso, azzardo, sorte. opportunità. Sono sinonimi e si riconoscono in una sola sovrana parola: Fortuna. Per i nostri antenati la Fortuna era una dea, tanto che le

avevano intitolato un tempio. Dice Ovidio: aedem Fortunae Primigeniae, e Livio gli fa eco: per Fortunas!, come noi diciamo: in nome del cielo! Certo, presso i maiores la fortuna volava in alto, e dire che noi, miserrimi, l’abbiam oggi avvilita a livello del culo. No, la fortuna di Francesco e di Claudio non è culo. E’ un segno che viene dall’alto, la certezza di una vittoria, sorridente vittoria, che loro, i segnati, avevano. E noi no. Loro erano stati informati, noi no: condannati a dibatterci nel dubbio, ad affogare nella paura.

 

Fin qui, è stato un preambolo. Il preludio al discorsetto che vorrei fare sulla fortuna di . Tutta la carriera di questo eccezionale campione romano si è svolta (infortuni a parte, che rientrano nell’incertezza di ogni mestiere) sotto il segno benedicente della Fortuna Primigenia, dall’inizio a una fine che vediamo ancora lontana. Chi ha avuto più di lui, che ha ottenuto il massimo nella à in cui è nato e che più lo ama? Mazzone all’inizio, Ranieri ora, al culmine, non sono (stati) allenatori, per lui, ma maestri padri.

 

Ricordate l’ultima Torino e il fulmine che colpisce il polpaccio di Luca. Ma è la Fortuna Primigenia a mandarlo: consentirà a Francesco di paartecipare alla lotta, illuminarla col suo genio, segnare il rigore del pareggio e schiudere le porte al successo. Così, quasi scherzando, con quel sorriso sulle labbra. Andate a rivedervelo: è lo stesso che rivolge, nei promo tivù, alla sua bella e intelligente moglie, capace di rivelarci il bravo attore che era in lui e che domani, non si sa mai... Mi dicono che, a Trigoria, Mastro Claudio lo chiama "Checco", il diminutivo tutto nostro, tenero e antico, per dire Francesco. Lo stesso che usava con lui Carlo Mazzone. Da Carlo a Claudio, sempre a casa sua (nostra), nel segno della Dea Primigenia. Se non è fortuna questa!