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IL ROMANISTA (D.PETROSELLI) - «Roma? La mia città e un pezzo della mia vita. Penso che il mio lavoro sia stato riconosciuto. E stata una grande avventura, tante persone con cui ci siamo dati molto. Totti e De Rossi sono la continuità e leccellenza della romanità». È un Luciano Spalletti carico ma anche nostalgico quello che è tornato a parlare dalle colonne de 'La Repubblica'.
Ora la sfida in Russia con lo Zenit di San Pietroburgo, con la voglia di rimettersi in gioco.
«Volevo da tempo unesperienza allestero. Cè lopportunità, laccetti e basta: linteresse dello Zenit ha spostato le cose, non altro. Grande società, giovane, che vuol crescere. Città bellissima, monumentale: unica differenza con Roma il clima».
Soltanto?
«Dopo la Roma sono stato molto allestero, esperienze nuove e dirette, soprattutto a Londra. Il calcio estero e in particolare il calcio inglese mi ha colpito: disinnesca le tensioni».
In tanti come lui hanno scelto di allenare allestero, in particolar modo in Inghilterra. Perché questa voglia di made in Italy fuori ma non in patria?
«I tecnici italiani sono bravi e completi. E il nostro lavoro che in Italia va rivisto. Io vedo lallenatore come selezionatore e manager, sarebbe più coerente: qui uno sceglie i giocatori e laltro li allena. E poi se molti vanno in Europa, se la scuola è riconosciuta, perché tanti esoneri? Ci vuole serenità e pazienza, migliorare gli staff di osservatori, lavorare sulla squadra e non solo sul singolo. La mia, in ogni caso, non è una fuga».
In molti hanno ritenuto la sua scelta "affrettata". Forse poteva aspettare qualche panchina migliore:
«Aspettare non è il mio modo di fare. Altrimenti avrei aspettato che la Roma mi mandasse via, oppure avrei lasciato prima delle due partite iniziali, così potevo ricominciare subito. Ma non è andata così, punto. Vado a fare il mio lavoro e a coltivare unambizione».
Dalla Roma allo Zenit: da un bugdet inesistente a un portafoglio infinito. Bel passo in avanti no?
«Lo Zenit è una buona squadra che punta in alto. Ha disponibilità ma cè un bilancio. Loro di cono, questo per le strutture, questo per il settore giovanile e questo per il mercato: e con quello si fa». Certo che sembrano lontani i tempi in cui faceva impazzire i tifosi giallorossi: «Inventammo insieme il 4-2-3-0, lo chiamavamo così. Comunque mantengo un rapporto stretto con quella che è stata la mia vita. Io mantengo tutto quello che ho passato».