Sagramola: "Toni? Luca a Roma ha già spiccato il primo volo"

11/12/2009 alle 09:33.

CORSPORT (A. MAGLIE) - Lo chiameremo Olivia. I romani, si sa, hanno una predisposizione partico­lare per i soprannomi. «Lo videro lun­go lungo, magro magro, con i fluenti ca­pelli raccolti a coda di cavallo e il rife­rimento alla fidanzata di Braccio di Ferro scattò immediato» . Rinaldo Sa­gramola oggi è l’amministratore dele­gato del Palermo ma nella vita profes­sionale di Luca Toni ha avuto un ruolo decisivo. Praticamente dagli albori. Aveva ventuno anni ed esperienze cal­cistiche che lo avevano segnato. In ne­gativo.

«Della cosa con me lui non ha mai parlato, ma qualche anno fa, nelle stagioni della sua esplosione con il Palermo, la e con la Naziona­le, ho letto una intervista della madre in cui di­ceva che se non fosse arrivato al­la Lodigiani e non avesse incrociato me, probabilmente avrebbe smesso perché l’esperienza con il Fiorenzuola lo aveva indotto ad accarezzare l’idea di un precoce ritiro».

La mamma non ha torto: Sagramola è diventato una sorta di filo rosso nella carriera di Toni. Lo ha portato a Roma e, successivamente, a Vicenza, quindi si sono incrociati nuovamente a Paler­mo. La Roma del ragazzo venuto dalla provincia di Modena era un fazzoletto incastonato tra via Prenestina e via Ca­silina. La Borghesiana era il quartier generale della Lodigiani: un grande parco, l’albergo immerso nel verde, pa­lestre e campi sportivi. «Tutti i ragazzi che venivano da fuori, abitavano lì» , racconta Sagramola. E lì, alla Borghe­siana, l’allora direttore sportivo della Lodigiani lo aveva scoperto. Una sco­perta stranissima, quasi un segno del destino. «Era il giorno della prima co­munione di mio figlio. Durante il rin­fresco mi eclissai: la Lodigiani giocava una partita di qualificazione alle fina­li del torneo Berretti. Il nostro avversa­rio era il Modena. In campo c’era que­sto ragazzo alto e magro. Mi colpì subi­to perché nonostante la notevolissima altezza riusciva con i piedi a nasconde­re la palla agli avversari».

Quasi un «amore a prima vista» . So­lo che si concretizzò un po’ a scoppio ritardato. «Toni, infatti, finì all’Empoli che al­l’epoca militava in B. Il club toscano lo mandò a fare esperienza al Fio­renzuola. Non fu per il ragazzo una esperienza positiva. La Lodigiani aveva ottimi rapporti con l’Empoli. In partico­lare avevamo in comproprietà con i to­scani Giampieretti. La cedemmo per avere la “metà” di Toni che l’anno pri­ma aveva segnato solo due gol in ven­tisei partite». Alla Borghesiana si pre­sentò in bermuda e con la lunga coda di cavallo: «I nostri tifosi lo chiamarono immediatamente Olivia». Alla fine del­la stagione, però, il soprannome era sta­to dimenticato: la gente ricordava solo il nome. Perché il modenese esplose lì, in quella periferia romana: quindici gol in 31 partite. «Era già fidanzato con Marta Cecchetto: spesso veniva a tro­varlo a Roma» , ricorda Sagramola.



Da Roma ha spiccato il primo volo: ora potrebbe spiccare il secondo. Per­ché a partire da quel campionato (C1) 98-98 la carriera calcistica di Toni as­sunse caratteri travolgenti. Schizzò an­che il suo stipendio: 50 milioni alla Lo­digiani (ma soltanto perché veniva da un club di B, l’Empoli), l’anno dopo 200 milioni al Treviso, l’anno dopo ancora un miliardo al Brescia. E’ stato uno dei grandi successi del dirigente Sagramo­la che lo portò a Vicenza sborsando quattro miliardi di vecchie lire per ven­derlo, poi, al Brescia per la non modica cifra di ventisei miliardi di vecchie lire.

«Fu lui che scelse Brescia. Infatti, ten­tò l’assalto anche il mio attuale presi­dente, Zamparini, all’epoca proprieta­rio del Venezia. Ma lui voleva giocare con Baggio: pensava che questa coabita­zione lo avrebbe aiutato a cresce­re e non aveva tutti i torti» , spiega Sagra­mola.



Il giorno in cui il Vicenza chiuse con Gino Corio­ni, Toni in tono scherzoso disse a Sa­gramola:

«Direttore, ora me lo regala il Rolex Daytona?» La risposta fu sec­ca: «Caro Luca, sei tu che mi devi re­galare un Daytona, ma non l’orologio, la Ferrari». Poi il Palermo, la Fioren­tina, il Bayern, la corte dell’Inter. Qualche infortunio ha ritardato la sua crescita. Eppure i trentuno gol con i viola nel campionato 2005-2006 resta­no l’acuto di un vero tenore. In Ger­mania, dove si è portato il fisioterapi­sta incrociato a Palermo, vive mo­menti non semplici. Roma potrebbe restituirgli quel che gli è stato tolto. Non il soprannome.