
IL ROMANISTA (A. MANDOLESI) - Da qualche giorno sono diventato il più scaramantico dei superstiziosi. Al mio confronto il grande Totò sembra essere un uomo senza fede e senza credo. Non voglio fare pronostici e non voglio sentir parlare di vittorie annunciate. Venerdì, mentre in un bar bevevo un the caldo per cercare di riscaldarmi da tutta lumidità del mondo, vedo entrare un ragazzo che, rivolto ad un amico dietro al banco gli fa: «Domenica nun te sarvi! Stavolta ve sfonnamo!» Porca miseria! Per poco non mi va di traverso tutto linfuso e non mi provoca ustioni alla trachea di primo, secondo e ..
non voglio sentir parlare di vittorie annunciate. Venerdì, mentre in un bar bevevo un the caldo per cercare di riscaldarmi da tutta lumidità del mondo, vedo entrare un ragazzo che, rivolto ad un amico dietro al banco gli fa:
«Domenica nun te sarvi! Stavolta ve sfonnamo!» Porca miseria! Per poco non mi va di traverso tutto linfuso
e non mi provoca ustioni alla trachea di primo, secondo e terzo grado! Avrei voluto toccare dappertutto, ma un certo contegno imposto dai miei capelli bianchi me lo ha impedito. Così mi sono girato ed ho fatto finta di non sentire. Aborro (come direbbe Mughini) i derby vinti prima. Se potessi fare un patto col diavolo firmerei per lasciare ai cuginastri tutti gli sfottò della vigila per prendermi in cambio quelli del lunedì. Ci tengo troppo al derby, ci tengo al punto tale da sentirmi male. Dolori allo stomaco, salivazione azzerata, gambe molli, e tutta una serie di sintomi davvero sgradevoli da sopportare. Ecco perché non faccio pronostici, perché quelli che sembrano i più scontati si sono troppe volte rivelati ben diversi nella realtà dei fatti.
Per questo ammiro Ranieri che vuol volare basso e concentrato, ed ho apprezzato anche tutti quei giocatori
che non hanno fatto proclami di vittoria, segno che affronteranno la gara come si deve: con quella grinta e con la rabbia agonistica che servono a fronteggiare chi, davanti a te, è disperato e non ha niente da perdere. Se vogliamo, è un po quello che è mancato alla Roma di Spalletti, sempre troppo morbida nellapprocciarsi
alla stracittadina, o alla Roma di Zeman, sempre troppo bella per pensare anche a diventare pratica. Capello, no, quello i derby non li sbagliava. Sarà stato antipatico, ma non li considerava alla stregua delle altre partite, ed i risultati gli hanno dato ragione: 10 partite (2 di Coppa Italia), 5 vittorie, 4 pari ed una sola sconfitta (2-1) scaturita da un gol su punizione che non cera, battuta da un giocatore che non doveva esserci (Veron e la storia dei passaporti).
Qual è, per me, il derby più bello? Anche qui sono diverso dalla maggioranza dei tifosi che voterebbero per una gara vinta al 93 su autorete dopo aver salvato sulla linea tre o quattro reti praticamente fatte. No, per me il derby perfetto è quello del 4-1 (il primo con Capello in panchina), col record storico di 4 reti in 30 minuti
(Delvecchio, Montella, Delvecchio, Montella). Facevo ancora le radiocronache, ma dopo il 4-0 non riuscii più a resistere, e con un pretesto cedetti la linea allo studio per scendere le scale a quattro a quattro fino a saltare sulle spalle del dottor Capua e di Stefano Pantano, incapaci di reagire ed annichiliti dalla una irripetibile
valanga ravvicinata di reti. Stessa storia con Guido De Angelis quando nel 1998 la Roma, ridotta in 10 dallespulsione di Petruzzi, rimontò due reti in due minuti con Di Francesco e Totti. Al gol del nostro capitano
saltai di sotto, tuffandomi su Guidone, e ci volle tutta la sua amicizia per sopportare un gesto del genere
(mamma mia, se lo legge qualcuno che non deve mi cacciano giustamente dallOrdine dei Giornalisti).
E cosa dire del 3-0 di Mazzone su Zeman, dopo che per due settimane il Corriere dello Sport aveva pubblicato un sondaggio in cui, uno contro uno, tutti i laziali erano stati giudicati più forti dei romanisti? Balbo, Cappioli e Fonseca
e capitan Giannini a festeggiare sotto la sud facendo il segno del 3 con la mano.
Quei tre gol, raccontati da me, diventarono un CD che per un periodo fu un best seller tra la tifoseria romanista.
Così come il racconto del 5-1 sul pallonetto di Totti. Dopo 23 anni, vinto il nostro terzo scudetto, avevo detto basta alle radiocronache, proprio perché, chi le racconta con la mia enfasi, deve essere estremamente
giovane per essere credibile. Quel giorno ero accanto ad un collega per aiutarlo come seconda voce quando, bloccato da un attacco di tosse, mi chiese di prendere il microfono per qualche istante per consentirgli di bere
tre secondi dopo Totti pennellò quel capolavoro togliendo una ragnatela dalla porta di Peruzzi. Conservo ancora la registrazione. Ora faccio solo quelle radiotelecronache che coincidono con lorario serale di Goal di Notte. Per questo lanno scorso ho raccontato solo il derby di andata (nel ritorno si giocò di pomeriggio).
La Roma vinse 1-0. Anche stasera farò la radiocronaca
ampidoglio interno giorno, Alessandro
Catapano, Gazzetta, pag. 20. La notizia che si sono riuniti in pieno giorno tutto sommato è una bella notizia. Riunioni o incursioni notturne nei luoghi istituzionali di solito generano allarme e si trascinano dietro un mucchio di equivoci. Anche se a guardare bene non è che alla luce del sole le cose risultino poi così logiche. Prendiamo il sindaco Alemanno, nei giorni pari dice che si può cambiare tutto e in quelli dispari che non si può cambiare niente. Laltro giorno ha detto che il nuovo stadio della Roma «è unidea ma non un progetto, solo unipotesi», ieri che «cè una legge in discussione in Parlamento sugli stadi per agevolarne la costruzione in tutta Italia, una legge che passerà allunanimità». Non è sicuro ma forse da una riunione notturna si otterrebbero risposte più chiare.