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IL ROMANISTA - Niente sogni. Qui si cammina, si fa sul serio. E vero che i piccoli per vincere devono sognare e devono anche saper andare oltre i propri sogni. Ma a Roma i sogni non sono mai mancati, e si è sempre sognato troppo. Proviamo una volta tanto a fare così. Senza sogni. Siamo quarti? Difendiamo il quarto posto, e basta. Tutto quello che verrà di più sarà come adesso che ci è venuto senza che ce laspettassimo così presto e così bene, guardando addirittura da vicino la terza e la seconda piazza, lì a un tiro di schioppo davanti a noi. Facciamo come ha fatto Ranieri: senza fronzoli. Poche parole e molto calcio giocato. Lezione Ranieri. E lezione Montali, un altro che in molti stanno sottovalutando. Ranieri non aveva cominciato promettendo un mucchio di cose. Anche adesso non promette niente, e se per la Champions dice solo che «ce la giocheremo pure noi fino allultimo», deve avere i suoi buoni motivi per farlo, perché non conosce ancora a memoria e così bene la squadra da saperne valutare a occhi chiusi potenzialità e obiettivi, e perché questa Roma «niente grilli per la testa» funziona perfettamente come sta funzionando da qualche tempo a questa parte, un passo per volta, un traguardo per volta, un risultato per volta (anche un pareggio se serve, come quello con la Samp).
Ranieri ha rigenerato la Roma, riportandola in zona Champions dopo la bellezza di 19 mesi e dopo averla ereditata con due partite giocate, zero punti in classifica, sei gol incassati e uno spogliatoio e una tifoseria orfani in gran parte di Spalletti. Il suo segreto? Il campo. E carta bianca. Ha ragione Ranieri a dire che il miracolo della sua carriera lha fatto con la Juve: perché in quellambiente da dilettanti allo sbaraglio lui era riuscito a tenere la rotta e a condurre la barca in porto, un anno terzo subito dopo la B e laltro secondo. Un capolavoro, e adesso lo capiscono tutti. Alla Roma, da Pradé a Bruno Conti, cè gente che di calcio ne capisce. Però, Ranieri era partito in salita, facendo professione di umiltà, ripetendo a destra e a manca che lui non avrebbe lasciato bollicine in giro, niente calcio champagne, meno spettacolo e magari qualche punto in più senza badare troppo per il sottile. Pensiamo a salvare la baracca, poi vedremo il resto. Adesso ha conquistato 17 punti nelle ultime 7 partite, ha ricostruito giocatori come Vucinic e rigenerato quelli come Juan, ha lanciato Julio Sergio e per il resto ha rimesso in piedi la stessa squadra di prima, ridandogli però una compattezza nuova, una solidità difensiva mai conosciuta (zero gol incassati nelle ultime tre partite, 347 minuti in campionato, ma 432 consid rando lEuropa), una sicurezza insperata.
Sui blog della Juve mi dicono che ora girano tifosi in processione a chiedere scusa: mister ci siamo sbagliati su di lei, ci perdoni. Meglio così. Che siano gli altri a chiedere scusa. Noi una volta tanto proviamo ad andare per mare senza cercare troppe leggende e sirene incantatrici. Certo, io resto convinto che per arrivare a trenta minuti dallo scudetto facendocelo scippare solo da ingiustizie arbitrali molto simili a quelle di Calciopoli, bisogna essere dei sognatori come lo erano quelli di Spalletti, che andavano dappertutto ad attaccare con razzi e petardi e contropiedi velocissimi di sei, sette uomini addirittura. Era calcio da sogno, come quello di Zeman o di Liedholm (lento e compassato, ma rivoluzionario per i suoi tempi), ma pure come quello del Capello dello scudetto. Solo che adesso, mi tengo Ranieri per salire in cielo. Magari non faccio sogni speciali, e non rincorro lo scudetto. Ma piano piano vado in alto. E alla fine facciamo i conti.