L'Imperatore? Abbiamo già dato

10/12/2009 alle 10:11.

IL ROMANISTA (G. DOTTO) - Mi ero autosospeso per una settimana dopo aver scritto e detto ai quattro venti che Bertagnoli non mi convince, che mi ricorda quelle gioiose papere da circo, tutte culo, molle e piroette, e che Doni ne vale due o tre di Bertagnoli (a dire la verità, continuo a pensarlo e dunque da recidivo il castigo lo merito davvero).

ne vale due o tre di Bertagnoli (a dire la verità, continuo a pensarlo e dunque da recidivo il castigo lo merito davvero). Capita poi che il vigliacco, che da qui in poi chiamerò Julio Sergio, s’inventa quella mandrakata che sapete, se la inventa nel derby, in mondovisione, e dunque la gogna mi tocca.

Ci sarei dovuto restare, dietro la lavagna, almeno fino a domenica, quando arriva la notizia del possibile Adriano a Roma. E qui non resisto. Ne parlo con i pezzi da novanta del giornale e scopro che la linea è comune (ma da

oggi redattori, collaboratori, lettori dissenzienti potranno scatenarsi e smentirci): Adriano? No, grazie. Bello il nome, ma tutto il resto spaventa. Che resti a svuotare casse di birra in compagnia dei suoi favelati, con la scusa di un padre che sta nei cieli e di una pretesa che non sta né in cielo né in terra: rizollare eternamente le proprie radici ovunque ti trovi, alla Pinetina come in Groenlandia.

Grazie, no. In quanto a patologia da appartenenza, abbiamo già dato. Alludo a Totò Cassano. In meno di sei mesi trasformò Trigoria in una parodia di Bari Vecchia, modellò se stesso sullo stile dei guappi che tante volte aveva

ammirato e temuto nella sua infanzia, ridusse allenatori, compagni, dirigenti, medici, chiunque alle vittime zerbine di quei guappi. Breve. Disintegrò la Roma calcio. Irriducibile come i suoi brufoli. Che più li estirpava e più ricrescevano.

Adriano è diverso da Cassano. La sua fuga nel passato è più languore che burbanza, si alimenta di saudade più che di livore. Ma l’esito è lo stesso. Sono ragazzi prigionieri della loro isola. Allergici al gruppo. E la Roma, oggi più che mai, oggi che ha perso la sicurezza del suo gioco, si sta ritrovando nella sicurezza del suo gruppo. Meglio, mille volte meglio, Toni. Lo dice il nome stesso. Un nome da osteria allegra.