IL ROMANISTA - Cento giorni. Tanti sono serviti a Ranieri per riportare la Roma dallultimo posto (dove laveva trovata) fino al gruppo che si contende lultima piazza per accedere ai preliminari di Champions, traguardo fondamentale per ogni società che si autofinanzia. Osservando con attenzione tutto il percorso del mister testaccino, potremmo dire che, senza i 10 giorni di follia che da domenica 18 ottobre a mercoledì 28 (Milan, Livorno e Udinese) hanno vanificato quasi tutto ciò che di buono era stato fatto, oggi la squadra sarebbe da un pezzo ben staccata dalle attuale avversarie, intenta a..
Si è perduto del tempo, quindi, ma adesso ci siamo, e con la squadra ad un solo punto dal Parma che verrà allOlimpico tra sette giorni, possiamo dire che a Genova i giallorossi sosterranno il primo esame di maturità, dove non dovranno ripetere lerrore commesso nella scorsa stagione. Se ricordate bene, infatti, Spalletti partì ancora peggio (la sera del derby di andata eravamo terzultimi in classifica) e impiegò più tempo per una analoga rimonta che costrinse la squadra ad un grande dispendio di energie fino alla quinta di ritorno quando, maramaldeggiando sul Genoa (battuto 3-0) si portò, proprio come adesso, ad 1 punto dalla Zona Champions, ma sul più bello vanificò tutto la settimana seguente andando a perdere a Bergamo con analogo punteggio, subendo 3 reti in 7 minuti e compromettendo definitivamente la stagione. Quella Roma, però, era logora, aveva già dato il meglio di sé, e forse i giocatori non seguivano più Spalletti. Oggi la situazione sembra diversa tanto che Ranieri, in conferenza stampa, si è dichiarato ancora non soddisfatto del gioco che può e deve ancora migliorare. E tutto questo ci autorizza ad essere ottimisti, rifacendoci anche alla cabala e ai suoi ricorsi storici.
Era il 18 dicembre del 2005, infatti, sedicesima di andata come questa volta (Samp-Roma 1-1), il giorno in cui Spalletti ebbe la geniale intuizione di far scendere in campo la squadra con linedito modulo del 4-2-3-1, quello che in seguito ci avrebbe portato a vivere tante indimenticabili giornate e, partendo dalla domenica seguente, a stabilire il record di 11 vittorie consecutive. Quella sera (sempre posticipo domenicale) in tanti capimmo che il tecnico di Certaldo era riuscito a quadrare il cerchio, imprimendo la svolta verso nuovi successi dopo la disastrosa stagione dei 6 allenatori (Capello, fuggito poco prima del ritiro estivo, Prandelli, Voeller, Delneri, Sella e Conti). Ricordo ancora con piacere questo tecnico, arrivato a Roma tra la contestazione di non pochi tifosi (offese e insulti sul suo telefonino che il toscano cercò di minimizzare) delusi dal mancato ritorno di Zeman. Spero che qualcuno ricorderà almeno il volantinaggio sotto Villa Pacelli dove Spalletti andò a firmare il contratto.
Come si cambia nella vita, e nel calcio soprattutto: da vile a eroe, da uno di noi a traditore, andata e ritorno con la velocità della luce, a seconda delle situazioni e degli stati danimo sugli spalti. Per me Spalletti non era né luno né laltro, ma più semplicemente un buon professionista che guarda ai propri interessi, come è giusto che sia. Di lui ricordo una frase che mi colpì al punto tale da pubblicarla in rete sul mio personalissimo sito: «Mi sento un indiano anche io rispose a una domanda sullargomento Mi piace anche laccostamento, per cui vengo insieme a voi». Fu Dario Brugnoli, ex capo ufficio stampa della Roma, a mettermi in guardia sul fatto che Spalletti non fosse un vero indiano, ma anche quando mi accorsi che aveva ragione la mia opinione non è mutata. Ed anche adesso, mentre lo immagino in viaggio verso la gelida Russia e verso lennesima avventura, mi piace pensarlo come facente parte (positiva) della storia della nostra Roma che, proprio a Genova e proprio con la Sampdoria, dovrà dimostrare di essere pronta ad iniziare un nuovo entusiasmante ciclo.