Con la Roma gioco all'attacco

16/12/2009 alle 13:12.

L'ESPRESSO (G. TURANO) - Due o tre volte alla settimana il team di bridge Angelini si riunisce nella villa di Francesco Angelini a Grottaferrata, Castelli romani. Il presidente-giocatore-finanziatore Angelini, industriale farmaceutico che fra le altre cose produce Tachipirina, Moment, Amuchina, Tantum e i pannolini Pampers, mette a disposizione un seminterrato provvisto di un sistema informatico capace di simulare tutte le possibili situazioni di gioco. Gli allenamenti sono impegnativi ed evidentemente proficui.

Il secondo gioco preferito dell'imprenditore romano è il calcio. E lì le cifre cambiano. Ma non abbastanza per spaventare l'uomo che vuole fare con l'As Roma quello che ha fatto con la sua squadra di bridge. Il cavaliere giallorosso ha un palmarès economico da Pallone d'Oro. Ogni anno la sua holding italiana, Angelini Finanziaria, porta a casa utili netti a otto zeri. Nel 2008 sono stati 102 milioni su 1,1 miliardi di euro di ricavi consolidati.

Per dare un'idea, la Fininvest del Cavaliere per eccellenza ha guadagnato 131 milioni di euro, però su una base di ricavi molto maggiore (6,1 miliardi di euro nello scorso esercizio).

Questo continuo flusso di soldi è stato ammassato nella voce di bilancio più impressionante, gli utili a riserva. La cifra è di 852,4 milioni di euro, accumulati nel corso degli anni e non distribuiti agli azionisti. Non finisce qui. La capogruppo italiana, controllata dall'Angelini Trust con sede nel Liechtenstein, ha un attivo netto di quasi 2 miliardi, pochi debiti, 381 milioni di euro di liquidità e la miseria di 43 milioni di euro di esposizione verso il sistema bancario. Il 2009 si annuncia altrettanto o più ricco grazie al boom dell'Amuchina, che l'influenza A fa vendere come acqua minerale.



Certo, per un imprenditore il calcio può essere molto più rovinoso della suina, come ha imparato a sue spese la famiglia Sensi, attuale proprietaria dei giallorossi. La grandeur pallonara, a dispetto delle promesse di fair play finanziario e di compressione degli ingaggi, continua ad essere sinonimo di disastro economico. Né Angelini accetterebbe, da buon romanista, di diventare un bis di Claudio Lotito, il presidente di una Lazio sparagnina nei conti e sofferente in classifica. Ma a bloccare il signor Tachipirina non sono i soldi, e neppure le tre figlie, contrarie all'acquisto con la stessa maggioranza di due voti contro uno espressa dalle tre sorelle Sensi nel 1993, quando il padre Franco stava decidendo se rilevare la Roma da Giuseppe Ciarrapico.

Nel corso della sua scalata annunciata, poi ritirata, infine rilanciata, Angelini ha perso circa sei mesi a decifrare le regole del gioco, che non sono quelle del calcio o del bridge, ma degli scacchi. Dopo qualche sortita spettacolare sui giornali in settembre, la sua irruenza è stata ridotta al silenzio su consiglio di chi gli sta vicino. Nessuna dichiarazione, per sì o per no.

Al posto delle interviste ai quotidiani sportivi che gli hanno procurato un avvertimento della Consob, dato che la Roma è quotata, il team Angelini pro Roma si è preparato all'attacco finale. La tempistica è imminente e - bisogna specificare - non passerà attraverso la Borsa. Tecnicamente l'As Roma non è scalabile perché è controllata per due terzi dalla non quotata Roma 2000 che, a sua volta, è al 100 per cento di Italpetroli. La strada dovrebbe essere quella di un'offerta formale a Italpetroli, completa di prezzo e dettagli vari. La proposta va presentata per conoscenza anche alla Consob, l'organismo di vigilanza che stenta a tenere a bada la ridda di voci sul club. L'unica alternativa a questo schema sarebbe un accordo privato diretto fra la famiglia Sensi e Angelini. Ma nessuno considera realistica l'ipotesi.

A fronte di questa procedura quasi obbligata, lo schieramento dei pezzi sulla scacchiera è il seguente. Angelini è azionista di tre fra i principali istituti di credito italiani: Mediobanca, Unicredito e Monte dei Paschi di Siena. Non a caso, sono le tre banche coinvolte direttamente nelle vicende romaniste. Unicredito è allo stesso tempo primo creditore (250 milioni di euro) e azionista al 49 per cento di Italpetroli, la holding della famiglia Sensi che si indebitò con Banca di Roma-Capitalia ai tempi di Cesare Geronzi e dunque prima dell'incorporazione dell'istituto romano in Unicredito. Il Montepaschi è il creditore numero due, con 100 milioni di euro, e Mediobanca, oggi presieduta da Geronzi, è l'advisor delle tre sorelle Sensi nella cessione di Italpetroli. Esclusa la squadra, che Rosella Sensi non vuole cedere ad Angelini come non l'ha voluta vendere a George Soros un anno e mezzo fa.

Unicredito vuole recuperare i 250 milioni di euro dovuti da Italpetroli. La banca di Alessandro Profumo, dopo un paio di anni di proroga delle scadenze debitorie mai onorate da Italpetroli, è inchiodata dal fattore tempo. L'istituto ritiene che la soluzione stia nella vendita della Roma e che sarebbe facile vendere il club. Più si tarda a farlo, più la squadra si svaluta. La Roma è fuori dai guadagni ricchi della , è solo quinta in campionato, ha già dovuto cedere un giovane promettente come Alberto Aquilani e non può comprare campioni. Appena dopo l'estate, Unicredito si è mossa per vie giudiziarie con istanze di pignoramento sugli asset Italpetroli che sono state in larga parte respinte grazie a vari cavilli. Profumo insisterà ma la prassi dei ricorsi in tribunale è molto lunga.

Mediobanca presenta la situazione più interessante. In teoria, l'istituto milanese ha ogni interesse a risolvere il pasticciaccio brutto di Trigoria. Per il gioco delle partecipazioni incrociate, Mediobanca è primo azionista di Unicredito e Unicredito è primo azionista di Mediobanca. Angelini, come si è detto, è socio di Unicredito e addirittura membro del patto di sindacato di Mediobanca. L'industriale si aspettava di avere la strada spianata. Invece, durante la scorsa estate per quattro volte ha fissato un appuntamento con il vertice di Mediobanca a Milano e per quattro volte l'appuntamento è saltato. La cosa non gli ha fatto piacere e, dato il carattere infiammabile dell'uomo, ha provocato un vero incidente diplomatico proprio in prossimità di rinnovo del patto di sindacato. La crisi è stata risolta dalla mediazione dei due manager operativi di Mediobanca, Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Ma lo stallo imposto da Geronzi sta condizionando la trattativa. Proprio questa settimana il presidente dell'istituto, che finora non ha neppure voluto parlare con gli uomini di Unicredito, ha dato qualche segnale di apertura chiedendo un incontro con Angelini e con Claudio Sposito del fondo Clessidra.

Da parte sua Unicredito, rappresentata dall'avvocato Roberto Cappelli, ha continuato per tutto dicembre a trattare giornalmente con i consulenti di Angelini, cioè la Kpmg di Franco Masera, fratello dell'ex presidente di Imi San Paolo Rainer Masera.

Fin dall'inizio, l'ipotesi è di affiancare all'imprenditore farmaceutico una minicordata con altri soci di minoranza, in modo da distribuire l'impegno finanziario. Oltre a qualche fondo di private equity e a qualche personaggio di impatto mediatico che gravita nell'ambiente del circolo Canottieri Aniene, di cui Angelini è socio, il gruppo dei candidati all'acquisto prevede anche uno o più immobiliaristi, da coinvolgere con l'obiettivo del nuovo stadio romanista. Questo obiettivo, però, è considerato talmente di là da venire, per problemi legati alle concessioni edilizie e a montaggio del finanziamento, che persino la via giudiziaria al recupero del credito potrebbe rivelarsi più rapida.

Angelini resta al centro del match chiunque componga la squadra. Il signor Tachipirina è uno dei non molti in Italia a potere parlare da pari a pari con il potente numero uno di Mediobanca. È lì da prima dei manager attuali, essendo stato chiamato nel salotto buono di via Filodrammatici da Cuccia in persona, e non pensa di dovere accettare condizioni. L'arrocco di Geronzi, peraltro, non ha una spiegazione diretta. Una indiretta, sì. A dispetto delle indispensabili smentite, il presidente di Mediobanca ha nel mirino uno dei principali appuntamenti societari del 2010. In primavera si rinnoverà il consiglio di amministrazione delle Assicurazioni Generali. Il primo azionista del Leone di Trieste è Mediobanca con il 15 per cento circa, seguito a distanza dalla Banca d'Italia con il 4,5 per cento. Il terzo socio è l'Unicredito con il 3 per cento. Il gruppo Caltagirone, azionista anche dell'altro debitore Italpetroli Mps, ha quasi il 2 per cento delle Generali. Garantirsi l'appoggio di questi tre soggetti in cambio del via libera sull'As Roma significa avere la strada spianata per la successione all'attuale presidente della compagnia triestina Antoine Bernheim. Sarebbe una sorta di promoveatur ut amoveatur in versione extralusso. Molti, in Unicredito e in Mediobanca, tirerebbero un sospiro di sollievo. Forse anche i romanisti. Angelini non è affetto da prodigalità compulsiva come il presidente del Chelsea Roman Abramovich e avere molto denaro non significa volerlo buttare. Ma se l'alternativa è un ritorno ai tempi cupi della Rometta, i tifosi giallorossi non hanno molta scelta.