
IL ROMANISTA (F. STINCHELLI) - Sono pensieri di fine anno quelli che provo qui a raccogliere in una letterina alla Befana, di certo un po fuori stagione. Della mia stagione. Ma io conosco (ricordo) la mia Befana e so che per lei gli anni non passano mai: lamore che lanziana signora dalle scarpe tutte rotte riserba ai suoi clienti del 6 gennaio è fuori del tempo, permane immutabile nelleternità. La mia Befana si chiamava (e si chiama) Zinfarosa Spaccasassi e dimora da sempre nella città di Spoleto. Mi accorgo di non disporre della sua email, ma, fa niente, certamente quanto qui vado a dirle sul ..
Cara Befana, scusa se per tanto tempo non ti ho scritto, ma mi avevano detto che tu non esistevi e io ci ho creduto. Ma ora non più: so che, immutabile nella tua provvida bruttezza, continui a esserci e che a te posso anche adesso rivolgermi, con lo stesso animo speranzoso del tempo che fu. Devi sapere, amica mia diletta, che coi miei scritti e détti, sempre frequenti (non per vanità, ma solo per poter continuare a vivere dispendiosamente secondo la mia natura), ho certamente contribuito ad accreditare, qui in Roma, lopinione
di essere nemico dei Sensi. Sì, della cospicua famiglia che da una ventina danni dirige e amministra lAssociazione Sportiva Roma, di cui tu, attenta lettrice delle cronache, conoscerai sicuramente fatti e misfatti.
Orbene, se tale basso pettegolezzo si limitasse a bazzicare i bar di periferia o le peggiori emittenti radiofoniche cittadine, la cosa potrebbe anche lasciarmi indifferente. Ma così non è: fonti attendibili mi assicurano che signore e signori stimabilissimi di codesto autorevole clan nutrono il radicato e, penso, sofferto convincimento chio sia a loro visceralmente ostile. Reputo, con la fine di questo orribile anno, di dover porre un termine a tale deprecabile equivoco.
E venuto insomma il tempo di persuadere i Sensi (ma sarà più preciso dire le Sensi), che il sottoscritto, nei loro gentili riguardi, non coltiva alcuna animosità. Al contrario, si considerà un loro affettuoso, ancorché critico, estimatore. E qui, perché il messaggio arrivi al matronèo pacelliano, tu, cara Spaccasassi, dovrai darmi una mano. In questa lettera a te diretta, cara Befana, cercherò di esprimere pensieri, sentimenti, anche ubbìe, se vogliamo, ma soprattutto desideri. Desideri da tradursi in consigli alle dame di cui sopra, che, in toto o parzialmente accettati, valgano a ristabilire tra lorsignori e lumile petente (con la pi, mi raccomando!), rapporti, che dico?, umori meno tesi e aspri. Va da sé tu mi conosci, amata vegliarda, dalletà più verde -, che non saranno consigli inerenti i contenuti, ma solamente ispirati e mirati alle forme. Perché, vedi, e vedano tutti coloro i quali ora ci leggono, che non ho mai preteso di eccepire sui conti più o meno petroliferi della casata pacelliana.
Io ho sempre trovato e trovo a ridire e ficco il naso nello stile con cui si muove, si mostra e appare il vertice che
la sorte ha destinato a gestire quella che io chiamo la Lupa. Forma, ripeto, e non sostanza. Faccio un esempio: a me interessa poco che il signor Daniele Pradè sia più o meno bravo nelle attività di mercato. Quel che in lui, che veste la livrea giallorosa, trovo deprecabile e inaccettabile è quel fazzolettino a tre punte, dallaria inamidata, che gli fa puntualmente capoccella dal taschino di una giacca francamente di pessimo taglio. In altri termini, se il dabbengiovine si decidesse una buona volta a recarsi da un sarto di vaglia (Caraceni in via Sicilia? Battistoni in via Condotti?, ma per lui basterebbe il Brioni di via Barberini), già mi sentirei appagato.
Come vedi, cara Befana, ho incominciato a dar consigli, partendo dalla coda, ma, abbi pazienza, arriveremo anche alla testa. E sùbito cimbattiamo nel Montali, lottimizzatore emerito, di recente acquisito dietro illuminato consiglio di Ranieri. Al suo primo apparire in tivù, confesso, mi ha conquistato: ottima parlantina, perfetto italiano spolverato da unadorabile cantata emiliana, ma
Cè sempre un ma. Nel caso del Montali riguarda il tono acritico, eccessivamente aziendalista, ai limiti del più perverso servilismo, di certe sue allocuzioni. Tanto per spiegarmi: lo stile impagabile che al nostro Gipì parmense deriva dallArciduchessa
Maria Luigia, fatalmente si ottenebra sotto il goffo grigiore del padano che sta coi sciuri e di loro non può dire che bene. Gipì, dica quel che sente e non solo quel che deve.
Della corte fa magna pars il commendatore Pippo Marra: nella materia specifica, egli si sottrae a qualsivoglia giudizio. E tanto e tale. Ed è venuto il momento di occuparci, cara Befana, di un soggetto a me particolarmente caro, di quellEnrico Bendoni per cui dovremmo usare, non trovandone altre più praticabili, la qualifica di chevalier datour de Madame la Présidente. Enrico, al meglio, dispone di tutto: nascita, intelligenza, classe e gentile aspetto. Ha però una perversa e pertinace inclinazione a fare lombra. E stato, a volta a volta, lombra di Maestrelli, di Cragnotti, di Montezemolo e di Franco Sensi. In sua dolorosa assenza, da ultimo si restringe nellombra della figlia Rosella, che gli va un tantinello giusta, ma lui finge di non accorgersene. A lui, cara Befana, non ho consigli da trasmettere, ma solo pensieri carichi di rammarico.
Nel matronèo (è, per capirci, la galleria che in sinagoga viene riservata alle dame ebraiche di rispetto), emerge da sempre il personaggio della zia Angela, nata Nanni e sposata Fioravanti. Donna di notevoli talenti che, a volte, spinge oltre il segno: come quando va in campo ad alzare la Coppa Italia. Da ultimo, posto che possa correggersi, dovrebbe mostrarsi meno nelle foto giallorosse: cè anche altri da rimembrare. Due distinte dame figurano inoltre nella collezione matriarcale giustapposta al vertice romanista: le signore Silvia (che mutua il nome dal memorabile avo iniziatore della schiatta) e Maria Cristina Sensi, esempi di assoluta discrezione e riservatezza, cui, ahimé, non sispirano e sorella e mamma e zia. Nei loro confronti, il popolo lupino è tenuto a osservare una riconoscenza assoluta.
Ora, cara Befana, ti affido le sorti della douairière, la grande vedova, comunemente nota come Signora Maria, che mi stanno particolarmente a cuore. Giorni addietro, una sua sincera rivelazione alla stampa mi ha commosso. Sonava a un dipresso così: Per sentirmi il mio Franco ancora più vicino, ora uso indossare il suo cappotto preferito, che mi son fatta adattare
. E molto bello, ma anche molto triste. Lidea della "strappina (accastronatrice, in italiano) che acconcia il paltò del de cuius alle fattezze della vedova, francamente mi sconvolge. Occorerebbe significare alla brava signora Maria che il suo ruolo le impone di rifarsi a una stilista di rango specialista in matrone. Lo so, una volta, cerano le Sorelle Botti di via Due Macelli, ma a sto mondo, purtroppo, tutto passa. Al momento, le consiglierei la Laura Della Croce, erede del sommo André Laugh, con laboratorio in via della Croce (1° piano). Provi e vedrà come verrà meglio nelle foto.
Siamo al punctum dolens, nella tonalità maggiore. Al vertice incarnato da Rosella Sensi che dellAS Roma è al tempo stesso presidente, amministratore delegato, direttore generale e bonne-à-tout-faire. A suo merito va detto che, da qualche tempo, non mastica più chewing gum durante le partite. Continua, però, a fumare sigarette. Ha mai visto la signora Moratti fumare in tribuna? Mai. Si adegui. E se proprio non si può astenere dal tabagismo, passi ai sigari cubani. Rosella che inalbera, tra le labbra, un Partagas Lusitania mi strapperebbe un applauso. Come del pari vorrei che la nostra presidente cambiasse stile (e sarto). Piccola e tenacemente bruna, si ostina ad addobbarsi con quel misto nero-grigio che pare desunto dal piumaggio delle
cornacchie di Kafka. Per lamor di Dio, passi a colori più allegri, ne ha del resto letà. Penso agli azzurri di Balestra (operante qui a Roma). Potrebbe anche andare da Sarli, ma, già, quello è specialista delle spose. Comunque, vista la dimestichezza coi Moratti, potrebbe rivolgersi alla Curiel in Milano.
E finalmente la vedremmo vestita come la Roma mèrita. Insomma, per linsieme, dovrebbe rimettersi ai big di via Condotti (i mezzi non le mancano): Carlo Eleuteri per i gioielli depoca (di famiglia) e Sergio Rossi per le scarpe. Per concludere, mi domando e ti domando, cara Befana, se per vedere unAS Roma rappresentata nelle forme a dovere, ci si debba mobilitare, come nel nostro caso, un vecchio inacidito snob, qual io sono,
e una leggendaria vegliarda della tua globale tradizione. Be, messi assieme, avendo noi ripreso un antico discorso, ora in solido speriamo di aver agito per il meglio. E di aver una volta per tutte fugata la diceria malevola che vuole il sottoscritto nemico delle Sensi. Il nostro sincero augurio è che le Sensi restino pure alla Roma e con la Roma vita natural durante, la più lunga possibile. Ma coi modi, gli abiti e lo stile giusti.
P.S. Sì, un poscritto cè. Riguarda Claudio Ranieri che ho volutamente tenuto in tribuna. Al mister non ho consigli da dare. Di per sé, in fatto di stile, è perfetto. Testaccino di ottima razza macellara, può dare lezioni di bon ton a chicchessia. Non dimentichiamo che i macellai a Roma, fin dal Medioevo, costituirono uneccelsa corporazione. I testaccini, poi, son sempre stati il meglio del meglio.