Bunker Lazio Tutto su Zarate

06/12/2009 alle 10:27.

GASPORT (D. STOPPINI) - Un sorriso, nessuna pa­rola. E poi un pensiero: maga­ri gli rifaccio gol. Mauro Zara­te e il derby, il suo terzo, anco­ra una volta nel segno della sfi­da con Totti. Il sorriso, a inizio settimana, gli è scappato quan­do ha letto le dichiarazioni del capitano romanista. Quel «non è un campione» lo ha stuzzicato. E ora prepara la ri­sposta. Per lui e per la Lazio, per lui e per Ballardini, che sta­sera si gioca ancora una volta la panchina...

Freddo Zarate ha scoperto il derby a Roma. In Argentina non ne aveva giocato neppure uno. Maurito è un sudamerica­no sui generis : sente poco le grandi sfide. E forse per que­sto riesce sempre a incidere. Nellultima stracittadina fir­mò un gol da fantascienza, poi passò davanti a e gli dis­se: «Visto che ho fatto?». Gio­ ripetuta un mese dopo: fi­nale di Coppa Italia contro la Sampdoria, gol in fotocopia, trofeo alla Lazio. E a fine parti­ta tutta la squadra, lui compre­so, indossò una maglia con limmagine di e la scritta: «Tu zero tituli». T-shirt che è poi diventata un cult tra i tifosi laziali.

Lastinenza Insomma, ce nè per essere motivati. Ce nè an­che nei numeri: Zarate non se­gna dal 27 settembre, è fermo a quota due reti in campiona­to. Per dire: un anno fa, di que­sti tempi, di gol in serie A ne aveva già fatti sette. E stasera dovrà fare tutto da solo. Sì, perché Ballardini è orientato a far fuori Rocchi, mettendo dentro un altro centrocampi­sta e lasciando sulle spalle di Maurito tutto il peso dellattac­co. Chiara la voglia del tecnico di pensare prima a non pren­derle, magari giocandosi il tut­to per tutto nel secondo tem­po.

In bilico È questa lultima idea dellallenatore della Lazio, che stasera si gioca la panchi­na. Lotito gli ha sempre ribadi­to la fiducia, ma le ultime di­chiarazioni del tecnico («I pro­grammi sono stati cambiati in corsa») non sono piaciute al presidente. Camolese e De Bia­si sono le alternative principa­li. Cè anche questo nel piatto del derby. Occhio, però: Zara­te è affamato